
Per quanto abusata, la scena da cineteca del triello di Sergio Leone rende l’idea della surreale sfida che dilania il centrosinistra pugliese. C’è Michele Emiliano nella parte del buono, per aver «generosamente» rinunciato a una seggiola da consigliere regionale in cambio di un seggio da deputato al prossimo giro. C’è Antonio Decaro che, agli occhi della sinistra del Pd, si atteggia da cattivo, va allo scontro con Avs e minaccia lo strappo finale: «Con gli ex presidenti della Puglia seduti in consiglio regionale non mi sentirei libero di lavorare in modo sereno». E c’è infine il terzo protagonista del western, Nichi Vendola, sul cui nome incombe il niet dell’ex sindaco di Bari e al quale sarebbe ingeneroso attribuire la parte del brutto per mere ragioni di copione.
Il kolossal è alla scena finale, nell’agenda di Elly Schlein la data segnata in rosso è domani. A Bisceglie la segretaria era attesa sul palco per annunciare il nome di Decaro, mister 500 mila preferenze, come candidato unitario alla presidenza della Puglia. E invece, alle otto di ieri sera, il prescelto ha tirato a più non posso l’elastico. «Non sono né indispensabile, né insostituibile», ha intimato ai compagni di coalizione. Un avvertimento che ha una sola lettura autorizzata: «Se c’è Vendola, non ci sono io». Ecco allora che, nel giro ristretto di Schlein, si è tornati a ragionare di candidati alternativi: Francesco Boccia, o lo stesso Vendola? «Vinciamo con chiunque», fanno scongiuri i dem pugliesi e a Decaro mandano a dire che «sta entrando in rotta di collisione con la base di Nichi e del Pd» e che «tanti militanti storici ci stanno inondando di messaggi contro Antonio».
Il clima è pessimo. La segretaria del Pd è arrabbiata (eufemismo) con Decaro. Aveva limato con lui la nota diramata dal Nazareno martedì sera e non si aspettava di leggere subito dopo, nel comunicato di «Antonio», l’ennesimo niet contro Vendola. Ma forse il più arrabbiato è proprio il già presidente della Puglia, saltato sulla sedia ieri mattina quando ha letto che anche Emiliano lo vorrebbe fuori dai giochi. «Non è vero, è una bastardata», gli avrebbe garantito Emiliano. Vendola non si muove e per lui non è questione di generosità, ma di autonomia dei partiti. Ai vertici di Avs ne hanno piene le scatole, prova ne siano le parole di carta vetrata scandite dal leader dell’anima ecologista, Angelo Bonelli. Decaro è degno di tutta la stima del mondo, ma «non può arrogarsi il diritto di porre veti» su candidati altrui: «Questo è irricevibile».
Un maremoto, con l’onda del Nazareno che si infrange sulle coste pugliesi gonfia di rabbia e di imbarazzo. La linea comunicativa dettata dalla segretaria è in sostanza questa: «Il nostro quadro è unitario in tutte le regioni, mentre il centrodestra non fa che litigare». E il triello Emiliano-Decaro-Vendola? «Si risolverà con un lieto fine». Una secchiata di ottimismo, per nascondere la paura che «Antonio» abbia davvero deciso di sfilarsi.
La tesi dei pessimisti si può declinare così: «Decaro vuole giocarsi la partita nazionale per la leadership e pensa di avere maggiore visibilità al Parlamento europeo. Ha paura di restare ingabbiato in Puglia, non si vuole candidare e per questo ha messo sulla sua rotta due scogli altissimi, Emiliano e Vendola». Raccontano che ieri i due arcinemici si siano sentiti al telefono. E pare abbiano ragionato sul teorema che da giorni prende corpo a sinistra: Decaro, il quale sarebbe «manovrato da Renzi» e da quei riformisti dem che non vedono di buon grado il sogno di Schlein di approdare a Palazzo Chigi, vuole indebolire «Elly» e aspetta solo l’ufficialità della candidatura di Vendola per tirarsi ufficialmente fuori dalla corsa. Sullo sfondo resta Emiliano, nei panni (stretti) del «buono». Ovviamente è arrabbiato anche lui. Si sente vittima di «parricidio» dopo che, per vent’anni, ha «lavorato a far crescere politicamente Antonio». E sospetta anche lui che Decaro stia «cercando a tutti i costi l’incidente» per rintanarsi a Bruxelles, nelle vesti del nuovo rottamatore.
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3 settembre 2025
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