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Deborah Compagnoni: «I turisti in montagna? Manca la cultura, non salite in quota solo per farvi un selfie»

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È in vacanza sulle Dolomiti, nella zona di Arabba. Non è la sua Santa Caterina Valfurva, in Valtellina, dove la famiglia gestisce la Baita Fiorita, base di partenza delle prime escursioni con i fratelli, Jacopo e Yuri. Però è montagna. Dalla forza dei monti, Deborah Compagnoni ha sempre attinto ispirazione nello sci e nella vita. Da lì la campionessa dei tre ori olimpici e mondiali è partita. Lì ritorna anche nell’estate dell’overtourism, il malcostume che Compagnoni smonta pezzo per pezzo.

Deborah perché quest’anno la montagna è stata presa d’assalto?
«Il motivo è banale: i social. Ma alla base di tutto c’è la mancanza collettiva di cultura della montagna. Una volta il concetto era: vado per esplorare e trarre benefici dall’ambiente; c’era preparazione, rispetto, quasi un timore reverenziale nei confronti delle vette più leggendarie. Oggi in montagna si va per fare vedere agli altri che si è andati lì, proprio lì. Non ci si prepara, non ci si guarda più nemmeno intorno. Salgono sulle Tre Cime di Lavaredo, fanno una foto da postare, scendono».

Un po’ triste.
«Non serve a niente vivere la montagna così».

A Santa Caterina come va?
«Un po’ meglio che altrove ma anche da me ci sono due o tre rifugi assaliti, sempre gli stessi. L’overtourism si concentra nei posti più social e popolari. E intorno, magari, ci sono luoghi bellissimi e molto altro da vedere e vivere».

Il suo modo di frequentare la montagna è cambiato?
«Proprio per niente. Non mi interessa mettere la bandierina, la faccia, fare il post. Queste attenzioni modaiole mi preoccupano un po’ ma dal punto di vista egoistico per me e la mia famiglia non è cambiato nulla».

I suggerimenti e le idee per limitare l’assalto alle vette la convincono?
«Mah, i passi alpini ci sono sempre stati: è inutile chiuderli alle auto. Inizierei a lavorare sulla promozione turistica: spingere la montagna nei periodi non convenzionali potrebbe essere un inizio. Anche l’avvicinamento ai monti va gestito. Una volta gli impianti aperti d’estate erano pochissimi, ma vai a dire al gestore di chiudere ad agosto… Io credo che, a lungo andare, la gente capirà da sola».

Capirà cosa?
«Che a furia di code, disagi, attese e affollamento bisogna cambiare posto, o periodo. Le cose torneranno in equilibrio. Qualche regola servirebbe ma le regole, in primis, dobbiamo darcele da soli».

La sua vacanza ideale?
«Se posso, vado a ottobre. E sempre dove c’è un rifugio. Ma la montagna non è solo salire in funivia per mangiare al ristorante. Si può andare con la merenda al sacco, fare la gita e tornare indietro. I modi per vivere la montagna in modo più sano ci sono. Basterebbero un po’ di informazioni e di consapevolezza».

Non se le informazioni le fornisce l’influencer, forse.
«Rivolgersi alle persone competenti è importante: nessuna guida alpina consiglierebbe di affrontare un sentiero in infradito o un trekking in quota con l’abbigliamento inadeguato. Cultura significa informarsi, chiedersi: perché ho scelto proprio quella montagna? Vedo molta superficialità nelle scelte, invece».

Intanto, aspettando che l’essere umano rinsavisca, la montagna soffre.
«Mi unisco al grido di dolore di Federica Brignone: i ghiacciai sono ridotti malissimo, in un mondo in cui ogni luogo è diventato più accessibile la gente arriva dappertutto. Gli stranieri in quota sono aumentati moltissimo. È un bene, in assoluto: certe valli soffrivano, il turismo è ripartito dopo il Covid. Sono ancora in sofferenza le località più basse, a 6-700 metri, dove gli italiani andavano in vacanza cinquant’anni fa. Non sono più di moda. È un peccato: gli accompagnatori di media-montagna conoscono luoghi bellissimi, fuori mano, lontano dai soliti itinerari battuti».

Una volta in montagna si andava per camminare o sciare. A una purista come lei, le mille attività nate per attirare il turismo piacciono?
«Nulla in contrario a parapendio, mountain bike, downhill o alle bici elettriche, con cui chiunque ormai scala anche lo Stelvio. Le novità sono tante. Io d’inverno scio o vado con le pelli di foca e d’estate cammino».

Una vacanza indimenticabile?
«Tutte le zingarate intorno a casa, a Santa Caterina, quando con i miei fratelli sgattaiolavamo fuori ed esploravamo i dintorni. Le gite belle, oggi, sono quelle che ti restituiscono un’atmosfera: quando, nella semplicità di ciò che fai, riesci a cogliere la bellezza del posto. Non è il luogo, è l’emozione che ti regala. Perché la montagna è bella dentro, prima che fuori».

9 agosto 2025

9 agosto 2025

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