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Dazi, l’Europa si prepara a un negoziato «duro». Duello sulle contromosse

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DALLA NOSTRA CORRISPONDENTE
BRUXELLES – La presidente della Commissione Ursula von der Leyen era stata informata della lettera con le condizioni degli Stati Uniti per un accordo sui dazi venerdì in tarda serata e ha sentito, secondo quanto risulta al Corriere, quasi tutti i leader dei principali Paesi Ue. Bruxelles ha però lasciato che fosse il presidente Donald Trump ad annunciarla ieri sul suo social Truth, senza rompere il «giochino» che il presidente Usa sta facendo da giorni: ha inviato 23 lettere ad altrettanti Paesi.

In questi mesi, la Commissione ha sempre risposto agli annunci di Trump mantenendo i nervi freddi, secondo alcuni osservatori magari in modo anche troppo debole visto l’interlocutore. E anche ieri lo stile non è cambiato perché l’obiettivo principale di Bruxelles è evitare ogni tipo di escalation verbale che potrebbe tradursi in ulteriori dazi. Non che questo abbia messo l’Unione europea al riparo. Trump contesta all’Ue un surplus commerciale di 235 miliardi di dollari (nel 2024). Per «riequilibrarlo», al momento Washington sta applicando tariffe del 10% sul 70% delle esportazioni Ue nel Paese, del 25% sulle auto e le componenti «made in Ue» e del 50% su acciaio e alluminio. 

Ora la minaccia di Trump è di porre dazi del 30% a partire dal primo agosto su tutte le importazioni provenienti dall’Ue, non è chiaro se fatta eccezioni per le tariffe settoriali già esistenti. Ma Trump nella lettera avverte: «Se desiderate aprire il vostro mercato commerciale, finora chiuso, agli Stati Uniti ed eliminare le vostre politiche tariffarie e non tariffarie e le barriere commerciali, potremmo forse prendere in considerazione una modifica a questa lettera». Trump chiede una resa totale in una guerra che l’Ue non ha mai voluto combattere.

La missiva non ha preso di sorpresa Bruxelles, perché «Trump l’aveva annunciata», ha spiega una fonte Ue. Nei giorni scorsi i negoziatori europei avevano espresso un «cauto ottimismo» sulla possibilità di arrivare a un «accordo di principio» con un tasso base al 10% come la Gran Bretagna. Anche se il negoziato era in una impasse su auto, prodotti agricoli (rischio dazi al 17%) e acciaio. Mentre le due parti sembravano vicine a un’intesa per abolire le tariffe su alcolici, aerei e componenti. Inoltre l’Ue si è sempre detta pronta ad acquistare più armi e gas naturale liquefatto dagli Usa. 

Dunque la lettera, spiega una fonte diplomatica europea, viene letta come parte della «tattica portata avanti dagli Stati Uniti per mettere pressione sull’Unione affinché accetti dal primo agosto un accordo il più possibile vicino ai termini imposti da Washington». Oggi pomeriggio gli ambasciatori dei Paesi Ue si riuniranno d’urgenza per discutere le prossime mosse in vista del Consiglio Commercio di domani quando i ministri faranno il punto. È la Commissione che negozia a nome dei Ventisette — il commercio è competenza esclusiva Ue — ma è in costante coordinamento con le capitali. Alla mezzanotte di domani scade la sospensione dei contro-dazi su 21 miliardi di prodotti Usa decisi dall’Unione in risposta alle tariffe su acciaio e alluminio imposte da Washington nel marzo scorso.

Le contromisure erano poi state congelate in segno di buona volontà durante i negoziati. È la Commissione che decide se sospenderle di nuovo e fino a venerdì l’intenzione era di rinnovare la sospensione per proseguire il negoziato. Ieri una fonte diplomatica europea ha confermato che l’orientamento non è cambiato. La presidente della Commissione von der Leyen, nella sua nota, è stata cauta anche questa volta: «Adotteremo tutte le misure necessarie per salvaguardare gli interessi dell’Ue, inclusa l’adozione di contromisure proporzionate, se necessario». 

Quel momento non sembra ancora arrivato, anche se più di qualche Paese nelle scorse settimane, come Francia, Spagna e Danimarca, ha chiesto un atteggiamento più assertivo visto che Trump sembra capire solo il linguaggio della forza. Ieri il presidente Macron ha chiesto, in un post su X, «l’accelerazione della preparazione di contromisure credibili, mobilitando tutti gli strumenti a disposizione, compresi quelli anticoercitivi, qualora non si raggiunga un accordo entro il 1° agosto» che sia «equo». Una seconda lista di prodotti Usa da colpire per un valore di 72 miliardi (dai 95 miliardi iniziali) è pronta ma va approvata. 

Le altre ipotesi sono rimaste nel cassetto anche perché colpire ad esempio i servizi finanziari metterebbe a rischio l’Ue. Germania e Italia, che con l’Irlanda sono i Paesi con il maggiore interscambio verso gli Usa, spingono per la cautela. Ora però la Commissione sarà chiamata a verificare l’efficacia della propria strategia.

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13 luglio 2025

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