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Dazi, il rischio del caos in dogana. Il vincolo dei 750 miliardi per l’energia

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E adesso cosa succede? Dalla mezzanotte di oggi scattano i nuovi dazi reciproci, che fissano al 15% l’aliquota omnicomprensiva per la maggioranza dei beni europei importati dagli Stati Uniti. Ma l’accordo raggiunto, al di là del significato politico, non è una vera intesa. Appare piuttosto come l’inizio di un processo transazionale continuo, di cui il presidente americano ha il pieno controllo e che può rimodellare a piacimento con una semplice minaccia o un post sul social Trutuh. In altre parole, il «patto di Turnberry», in Scozia, tra Ursula von der Leyen e Donald Trump, ha permesso di guadagnare tempo, ma non garantisce una stabilità duratura.

L’acquisto del gas

Tra i tanti nodi ancora da chiarire figurano gli impegni costosi che l’Unione europea si è assunta: investimenti negli Stati Uniti per 600 miliardi di dollari (circa 550 miliardi di euro) entro il 2029 (anno in cui si conclude il mandato di Trump) e un forte incremento delle importazioni di energia americana — in particolare gas naturale liquefatto (GNL), petrolio e combustibili nucleari — per un valore di 250 miliardi di dollari all’anno nei prossimi tre anni. Gli Stati Uniti sono già uno dei principali partner energetici dell’Ue e, di gran lunga, il primo fornitore di GNL (abbiamo comprato il 55% delle forniture complessive di GNL dagli Usa nei primi mesi del 2025). L’America inoltre è anche il primo fornitore di petrolio dell’Ue (con il 17% delle importazioni totali nel 2024) e un fornitore chiave di combustibile nucleare e servizi connessi.

Secondo la Commissione, l’aumento degli acquisti di energia dagli Stati Uniti contribuirà ad attuare il piano europeo RePowerEu e ad accelerare la sostituzione totale di tutte le importazioni di energia dalla Russia. Ma a comprare l’energia sono le aziende private non i governi e tantomeno Bruxelles. Inoltre, questa strategia rischia di sostituire una dipendenza con un’altra: quella di Mosca con quella di Washington. Un rischio accentuato dal fatto che Trump si è dimostrata un alleato instabile, che in futuro potrebbe usare l’energia come un ulteriore strumento di pressione. Il caso dell’India insegna.

La libertà delle imprese

Anche sul fronte degli investimenti, restano le incertezze. L’impegno preso da Bruxelles nasce da una consultazione informale con industrie e settori, per raccogliere le intenzioni di investimento negli Stati Uniti. Alcuni gruppi, come ad esempio Volkswagen, avevano già annunciato «massicci investimenti» in America, prima ancora dell’accordo, nel tentativo di eludere i dazi e tutelare la propria quota di mercato. Ma, come ha chiarito la stessa Commissione, si tratta di un impegno non vincolante, visto che le scelte finali spettano alle imprese. Dalla Casa Bianca, però, martedì è già arrivato un avvertimento: se gli investimenti europei non saranno all’altezza dell’impegno, le tariffe saliranno dal 15% al 35%.

Sebbene la cifra complessiva non sia irrealistica per l’economia europea — basti pensare che Apple da sola investirà 600 miliardi di dollari nei prossimi 4 anni per difendere le vendite dell’iPhone — è probabile che molte imprese dovranno dirottare risorse destinate all’Europa verso gli Stati Uniti. Con possibili effetti collaterali su fatturati, occupazione e, più in generale, sulla crescita del Continente.

La variabile inflazione

Che cosa accadrà? Molto dipenderà non solo dalle prossime mosse politiche, ma anche dall’andamento dell’economia americana, che comincia a mostrare segni di rallentamento — come suggerisce il dato deludente sull’occupazione. Il quadro sarà influenzato dalla capacità della Federal Reserve di tenere sotto controllo l’inflazione, dalla forza del dollaro, dalle decisioni attese della Corte d’Appello che ha solo sospeso la sentenza del Tribunale del Commercio internazionale e, forse più di ogni altra cosa, dal comportamento dei mercati finanziari, gli unici che sembrano davvero in grado di spaventare Trump.

Per l’Europa, il patto di Turnberry resta una tregua incerta, anche se i dazi entrano ufficialmente in vigore. Con una variabile ulteriore: se le dogane riusciranno a gestire il caos generato da aliquote in continuo movimento e in costante riscrittura politica.

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7 agosto 2025

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