Home / Economia / Dazi e incertezza frenano la crescita. Il Fmi taglia le stime di crescita: Pil in Italia a +0,4% quest’anno

Dazi e incertezza frenano la crescita. Il Fmi taglia le stime di crescita: Pil in Italia a +0,4% quest’anno

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NEW YORK – L’escalation protezionistica innescata dal dazi del presidente americano Donald Trump, e l’incertezza globale frenano la crescita mondiale, avverte il Fondo monetario internazionale (Fmi), che taglia le stime del World Economic Outlook. Il Pil globale rallenterà dal 3,3% del 2024 al 2,8% nel 2025 per poi risalire al 3% nel 2026. Si tratta di una revisione cumulativa al ribasso di 0,8 punti percentuali rispetto alle stime di gennaio, ben al di sotto della media storica (2000–2019) del 3,7%. Lo scontro sui dazi pesa quindi per 0,5 punti sulla crescita globale del 2025 e per 0,3 punti nel 2026. 

Le nuove stime per i Paesi

Ma in una guerra commerciale perdono tutti. Le nuove previsioni del Fondo Monetario Internazionale mostrano un indebolimento generalizzato della crescita tra le principali economie mondiali. Negli Stati Uniti, il Pil è atteso all’1,8% nel 2025, in netto calo rispetto al 2,7% previsto a gennaio, per poi scendere all’1,7% nel 2026. Il rallentamento riflette l’aumento dell’incertezza politica interna, le crescenti tensioni commerciali e un indebolimento della domanda domestica. 

Anche l’area euro segna un passo indietro: la crescita è stata rivista allo 0,8% nel 2025, rispetto all’1%indicato in precedenza, e si prevede che salirà solo moderatamente all’1,2% nel 2026. 

Per l’Italia, le nuove stime indicano una crescita modesta: lo 0,4% nel 2025, in calo dal precedente 0,7, e lo 0,8% nel 2026. L’inflazione italiana è prevista all’1,7% nel 2025 e al 2% nel 2026, mentre il tasso di disoccupazione si manterrà stabile al 6,7%. Il saldo delle partite correnti dovrebbe attestarsi allo 0,9% del Pil. 

Per l’Italia, le nuove stime indicano una crescita modesta: lo 0,4% nel 2025, in calo dal precedente 0,7, e lo 0,8% nel 2026. L’inflazione italiana è prevista all’1,7% nel 2025 e al 2% nel 2026, mentre il tasso di disoccupazione si manterrà stabile al 6,7%. Il saldo delle partite correnti dovrebbe attestarsi allo 0,9% del Pil. 

Sul fronte asiatico, la Cina rallenta: la crescita è ora stimata al 4% sia nel 2025 che nel 2026, con un taglio di oltre mezzo punto rispetto alle stime precedenti. L’India si conferma invece il principale motore della crescita globale, con un’espansione attesa al 6,8% nel 2025 e al 6,7% nel 2026. Infine, la Russia, dopo una ripresa sopra le attese nel 2024, rallenterà al 2,6% nel 2025 e al 2,15 nel 2026, risentendo del peso persistente delle sanzioni internazionali e delle nuove barriere commerciali.

Perché l’economia ora è più fragile

A differenza di episodi simili nel passato, l’attuale aumento dei dazi avviene in un’economia globalizzata e interconnessa, in cui la maggior parte dei beni scambiati sono componenti intermedi lungo catene del valore complesse. L’imposizione unilaterale da parte degli Stati Uniti ha quindi effetti moltiplicatori, che il Fmi paragona a quelli osservati durante la pandemia.

Per l’economia americana, il Fondo prevede una perdita di produttività dovuta alla riallocazione di risorse verso settori meno competitivi, unita a un aumento dei prezzi interni e a una minore propensione all’innovazione. Le economie partner, dal canto loro, subiscono un calo della domanda esterna e una maggiore instabilità finanziaria.

Instabilità fiscale e rischio debito 

Anche il Fiscal Monitor pubblicato insieme al World Economic Outlook  lancia un allarme chiaro: con l’inasprirsi delle tensioni commerciali e l’incertezza globale, la traiettoria del debito pubblico mondiale peggiora. Secondo le nuove stime, il debito globale aumenterà di 2,8 punti percentuali nel 2025, superando il 95% del Pil mondiale e avvicinandosi alla soglia simbolica del 100% entro la fine del decennio. In uno scenario avverso, potrebbe raggiungere addirittura il 117% del Pil entro il 2027: un livello mai visto dalla Seconda guerra mondiale.

Il Fmi avverte che le tensioni fiscali sono aggravate dall’aumento dei rendimenti nei Paesi avanzati e dall’ampliarsi degli spread nei mercati emergenti. Le nuove spese — in particolare per difesa e protezione sociale — stanno esercitando una pressione crescente sui bilanci pubblici. Nei Paesi con margini limitati, ogni nuovo impegno deve essere accompagnato da tagli compensativi o da un aumento delle entrate, per non compromettere la sostenibilità del debito, avverte.

Il Fondo raccomanda perciò strategie fiscali credibili, trasparenti e mirate. Gli aiuti alle famiglie o alle imprese colpite dai cambiamenti strutturali e dai dazi commerciali dovrebbero essere temporanei, ben targettizzati e soggetti a scadenze automatiche. I Paesi avanzati dovranno affrontare l’invecchiamento demografico riformando pensioni e sanità, mentre quelli emergenti dovranno ampliare la base fiscale e rafforzare la raccolta di entrate interne.

Parallelamente, la nuova stretta delle condizioni finanziarie globali e l’aumento della volatilità sui mercati azionari, valutari e obbligazionari stanno già colpendo i Paesi più vulnerabili. «La combinazione di crescita più debole, tassi d’interesse più alti e pressioni sui cambi sta aumentando i rischi di rifinanziamento, in un contesto in cui molte scadenze si avvicinano», si legge nel Global Financial Stability Report.

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22 aprile 2025 ( modifica il 22 aprile 2025 | 17:17)

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