Per capire da dove viene il protezionismo di Donald Trump e perché un uomo con idee simili abbia potuto vincere le elezioni in America per ben due volte, dobbiamo rivolgerci alla storia più recente. Dobbiamo guardare al periodo fra gli anni ’90 del Novecento e il primo decennio del secolo e alla parabola di tre uomini dalle storie e dalle convinzioni molto diverse gli uni dagli altri. Uno di questi tre è l’attuale vicepresidente repubblicano JD Vance, nato 40 anni fa con il nome di James Donald Bowman da genitori tossicodipendenti in una città industriale dell’Ohio e poi cresciuto dai nonni (essi stessi impegnati in una lunga battaglia per uscire dall’alcolismo), fino ad approdare alla Yale Law School dopo un passaggio nei Marines e in Iraq.
Clinton-Vance, una storia simile
Il secondo è Bill Clinton, presidente democratico degli Stati Uniti fra il 1993 e il 2001, nato 79 anni fa nell’Arkansas rurale con il nome di William Jefferson Blythe, orfano di padre prima ancora di venire al mondo (l’uomo, che portava il suo stesso nome, era segretamente bigamo), cresciuto con il secondo marito della madre – Roger Clinton – il quale portò in famiglia anche lui gravi problemi di alcolismo e violenza domestica; Bill Clinton alla fine avrebbe visto decollare la sua carriera grazie a borse di studio per la Georgetown University e poi in Inghilterra a Oxford.
L’ascesa e il precoce declino dell’industria dell’acciaio
Il terzo uomo la cui storia aiuta a farci capire la parabola dell’America negli ultimi decenni nel suo rapporto con il commercio internazionale è invece Joseph Stiglitz. Stiglitz nasce 82 anni fa in Indiana, in una solida famiglia di ebrei originari dell’Europa orientale, la madre maestra elementare, il padre rappresentante di una compagnia di assicurazioni. La cittadina in cui il futuro premio Nobel per l’economia cresce e sviluppa la sua curiosità per il mondo, Gary, è fondata appena all’inizio del Novecento come residenza degli operai di una grande acciaieria. Joseph Stiglitz assiste fin dall’infanzia al ciclo di ascesa e precoce declino dell’industria dell’acciaio nella sua città e deciderà per questo di studiare economia all’Amherst College in Massachusetts, grazie a una borsa di studio di merito. Il suo spicchio di sogno americano passò di là e lo avrebbe portato ai tavoli più influenti del sistema internazionale, dalla Casa Bianca alla Banca mondiale. Ma fu la sua esperienza da ragazzo di Gary, Indiana, e l’aver visto con i propri occhi la disoccupazione degli operai delle acciaierie a fargli percepire molto presto che c’era qualcosa che non tornava. Talmente presto che le sue critiche sarebbero parse, all’inizio, eccentriche ed estremiste. L’«ipotesi sul mercato perfetto» e le altre teorie secondo le quali l’apertura agli scambi avrebbe avuto sempre e comunque degli impatti positivi per la società – capì istintivamente Stiglitz – erano corrette solo sulla carta. Ma nella realtà quotidiana innescavano invece contraddizioni drammatiche nella vita delle persone.
Clinton, Vance e Stiglitz
Clinton, Vance e Stiglitz hanno percorsi e rappresentano idee diverse, ma sono state tutte emblematiche e determinanti nel dare forma alle percezioni, alle convinzioni e alle politiche degli Stati Uniti in materia di commercio internazionale. Non si capisce Trump, senza la parabola di questi tre uomini. Essi non hanno molto in comune l’uno con l’altro, in apparenza. Eppure ciascuno di loro condivide almeno un tratto della propria biografia con almeno un altro di questo piccolo gruppo di personalità fuori dall’ordinario.
Il trionfo e il declino dell’industria
Come Joe Stiglitz, ma una generazione e mezza più tardi, JD Vance cresce in uno «steel town» destinato a un precoce abbandono e a un’inesorabile decadenza industriale, con il suo portato di immiserimento e devastazione sociale e familiare. Non fa in tempo, il futuro vicepresidente, ad assaporare neanche un residuo della stagione del trionfo manifatturiero degli Stati Uniti che invece il futuro premio Nobel per l’Economia aveva potuto vivere.
Come Stiglitz, Clinton matura presto convinzioni progressiste
Quanto a Bill Clinton, anche lui come Vance cresce a fatica in una sottoclasse di bianchi anglosassoni senza pedigree, un ceto di antichi lavoranti della terra nel quale le famiglie sono spesso distrutte e destabilizzate dalla dipendenza da alcol o sostanze. E come Stiglitz, Clinton matura presto convinzioni progressiste e liberal perché gli sembrano le più adatte per dare speranza ai più deboli fra gli americani.
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28 giugno 2025
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