
Chi ha paura di Luca Guadagnino? Chi ha paura del suo talento sarcastico, spiazzante, irriverente? È azzardato dire che Guadagnino è tra i migliori registi in circolazione, che i suoi temi, sia che parli di cannibali o di tennisti in panne sentimentale, allarmano, scuotono, interessano? E allora partiamo dicendo che i punti forti di Queer sono tre: 1) un Daniel Craig centrifugato, levigato, talvolta sorridente, trasformato in un sofferto dandy sessantenne; 2) il riflesso della vita straordinaria / letteraria / fricchettona di William S. Burroughs, dal cui romanzo omonimo è tratto il film; 3) infine i corpi. Sì, proprio loro, i corpi che si toccano, si attraggono, si intersecano, si amano e si respingono. I corpi che ballano, s’innamorano, si distruggono, cadono e si rialzano.
In proposito, Guadagnino ha più volte dichiarato che l’immagine del corpo è un elemento centrale nel suo modo di intendere il cinema. Spiegando: «Scelgo gli attori in base a una tridimensionalità che loro trasmettono e io posso catturare. Sono interessato ai corpi che agiscono nello spazio, a come si muove una nuca, a come vibra un collo, a come una mano si lascia andare».
Un’altra certezza è che Guadagnino è un regista che va veloce, molto veloce. Dopo due opere poderose / clamorose come Bones and All (sui cannibali metropolitani) e Challengers (sul tennis e il triangolo d’amore), ha realizzato Queer, rimasto bloccato a lungo ai box per problemi produttivi legati anche allo sciopero degli attori e degli sceneggiatori di Hollywood, e adesso ha sulla rampa di lancio due documentari e un altro film. I due doc sono Joie de vivre sulla lezione di Bernardo Bertolucci, maestro di Guadagnino, «che agli amici sul set chiedeva: abbiate joie de vivre», e poi Intimité, che parte dalla notte tragica dell’attentato al Bataclan di Parigi per raccontare l’universo giovani. Il film è un thriller pirotecnico, After The Hunt, sceneggiato da Nora Garrett e interpretato da Julia Roberts, docente universitaria alle prese con un caso di coscienza, un film definito «un omaggio al cinema di stampo bergmaniano di Woody Allen».
Se dunque «queer» è il termine britannico per indicare i gay, allora il film di Guadagnino si può definire come un trattato sintetico di amore omosessuale, ambientato a Città del Messico negli Anni Quaranta ma sulle quinte posticce di Cinecittà e sceneggiato da Justin Kuritzkes. Craig è il misterioso avventuriero William Lee che ogni giorno attraversa la città con il suo abito di lino color avorio, la sigaretta sulle labbra e il panama da viveur, cercando di rimorchiare giovanotti disponibili. Fino a un certo punto, si è trattato di incontri occasionali, seppure esplosivi, contesi ad altri clan di omosessuali. Poi un giorno Mr. Lee adocchia il giovane Allerton (Drew Starkey) e ne resta come fulminato. Non sa più fare a meno di lui. Lee beve tequila e mescal, e si droga: è perso in una dissipatio che è legata a un malessere interiore, a una dolorosa ricerca di sé stesso attraverso esperienze estreme, in definitiva a un riposizionamento dell’anima.
Allerton, il ragazzo delle meraviglie, cede alla corte insistente di Lee, ma cerca alternative anche nell’altro campo: è annoiato, si concede a quella relazione perché Lee è facoltoso, ha relazioni e grandi idee. Un uomo di mondo che promette di aprirgli le porte e la mente.
Il che avverrà con un lungo viaggio in Sudamerica che assomiglia al Tè nel deserto, uno dei film che Guadagnino ama di più, in cui Lee rischia di morire divorato dalla dipendenza dagli oppiacei, si fa largo tra vipere, bisce e altri animali in una soffocante simbologia di amore e morte, trascinando Allerton in un’esperienza sciamanica nella giungla dell’Ecuador: con una sedicente dottoressa che inizia i due agli effetti del potente Yange, un allucinogeno vegetale capace di produrre sensazioni e percezioni mai sperimentate e di far arrivare alla compenetrazione dei corpi attraverso la compenetrazione delle anime. Guadagnino si conferma virtuoso della cinepresa, eclettico per temi e visione complessiva. In un articolato passo a tre, Lee, Burroughs e Guadagnino sono la stessa persona, uno alter ego dell’altro.
QUEER di Luca Guadagnino
(Italia-Usa, 2024, durata 151’, Lucky Red)
con Daniel Craig, Drew Starkey, Jason Schwartzman, Lesley Manville, David Lowery, Henrique Zaga, Lisandro Alonso
Giudizio: 3 ½ su 5
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