
Otto mesi fa si sono dati il cambio nell’incarico di capo di Stato maggiore della Difesa. Adesso sono i protagonisti delle riunioni tecniche internazionali in vista di un possibile cessate il fuoco o dell’avvio di un processo di pace in Ucraina. Convinti comunque, come i loro partner, che il supporto a Kiev sia — e debba rimanere — fondamentale.
Una giornata impegnativa ma che potrebbe aprire a breve nuovi scenari quella di ieri per l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del Comitato militare della Nato, e il generale Luciano Portolano, attuale capo di Stato maggiore della Difesa: il primo ha presieduto da Bruxelles il vertice delle forze armate dei trentadue Paesi dell’Alleanza, il secondo ha preso parte a Washington ai colloqui fra i rappresentanti militari delle nazioni già presenti al summit con il presidente Trump: Italia, Germania, Francia, Gran Bretagna e Finlandia. «Per quanto riguarda l’Ucraina, abbiamo confermato il nostro sostegno. La priorità rimane una pace giusta, credibile e duratura. I nostri pensieri vanno ai coraggiosi fratelli e sorelle in armi. Lodiamo il loro coraggio instancabile nel difendere la loro patria», sottolinea Cavo Dragone al termine del vertice, durante il quale i capi di Stato maggiore Nato hanno espresso il loro «sostegno» ai Volenterosi così come al processo di pace innescato da Donald Trump, benedicendo la strada delle garanzie da mettere in campo per proteggere l’Ucraina.
Una «ottima discussione franca — dice ancora Cavo Dragone -. E un eccellente aggiornamento sulla situazione della sicurezza da parte del nostro nuovo comandante supremo (il generale dell’Usaf Alexus G. Grynkewich, ndr), al suo primo incontro con noi. Ho ringraziato tutti per la partecipazione sempre proattiva a queste riunioni: siamo uniti e questa unità è stata davvero tangibile oggi, come sempre». Il principio del «togheter in, togheter out», che aveva caratterizzato la missione internazionale in Afghanistan, potrebbe essere quindi ribadito per l’Ucraina coinvolta a tutti i livelli, secondo lo spirito europeo del «Nothing about Ukraine without Ukraine» applicato dopo l’invasione russa del 2022.
Sul tavolo ci sono appunto le garanzie di sicurezza per Kiev dopo la fine delle ostilità , a partire dal supporto di asset strategici Usa (trasporto aereo, intelligence, comunicazioni, spazio e cyber) che hanno già annunciato di non avere intenzione di schierare truppe sul campo. Che peraltro Mosca non vuole, come ha ripetuto più volte, così come quelle degli altri Paesi della Nato. Un nodo che sul fronte dei «volenterosi» vede invece posizioni differenti, con l’Italia contraria all’invio di soldati – il ministro della Difesa Guido Crosetto lo ha detto chiaramente, preferendo l’allargamento dell’articolo 5 della Nato all’Ucraina, senza il suo ingresso nell’Alleanza -, mentre Francia, Gran Bretagna e Germania sono disposte a formare una «forza di rassicurazione». Anche a livello di istruttori sul campo per seguire la strategia del «porcospino d’acciaio» evocata dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen.
Le ipotesi militari al vaglio, finora limitate alla fornitura di armamenti e tecnologie agli ucraini, sono comunque collegate al tipo di accordo diplomatico che eventualmente sarà raggiunto da Russia e Ucraina: se prenderà in considerazione gli attuali posizionamenti sul terreno con un trattato ufficiale o ratificherà un’occupazione di territori da parte di Mosca. Ma da capire c’è ancora il ruolo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, dove siede anche la Cina: non si esclude un discorso allargato a nazioni extraeuropee che potrebbero contribuire alla missione per vigilare sul cessate il fuoco.
La newsletter Diario Politico
Se vuoi restare aggiornato sulle notizie di politica iscriviti alla newsletter “Diario Politico”. E’ dedicata agli abbonati al Corriere della Sera e arriva due volte alla settimana alle 12. Basta cliccare qui.
21 agosto 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA