
«Sono rimasto impressionato dalle condizioni di Vladimir Putin». Ciclicamente si sono sparse le voci più disparate sullo stato di salute del presidente russo, tutte smentite dal Cremlino. Visto da vicino però il dittatore comunista deve aver dato a Massimo D’Alema la sensazione che non fosse per nulla in forma. E un paio di settimane fa l’ex premier lo ha confidato ad alcuni amici: «Putin mi è parso molto affaticato».
D’Alema era da poco rientrato dalla Cina, dove era stato ospite del governo di Pechino per le celebrazioni degli ottanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Un viaggio che gli aveva procurato polemiche in patria. Non solo per la foto che l’aveva ritratto insieme al gotha dei regimi autoritari come il leader della Corea del Nord Kim Jong-un, il presidente della Bielorussia Aleksandr Lukashenko e il presidente iraniano Masoud Pezeshkian. Ma anche perché — dopo che Xi Jinping aveva mostrato al mondo la sua potenza militare — aveva rilasciato a una tv locale un’intervista zeppa di frasi dal sapore antico e di interpretazioni storiche spericolate: «Confido che da qui venga un messaggio per la pace, la cooperazione e il ritorno a uno spirito di amicizia tra i popoli». «È bene ricordare l’eroica lotta del popolo cinese, decisiva per la sconfitta del nazismo e del fascismo».
Proprio a Pechino D’Alema aveva incrociato Putin. E lui non è certo tipo che millanta. Perciò i suoi interlocutori a Roma sono rimasti colpiti dalla descrizione del presidente russo. Per quanto le immagini ufficiali trasmesse in occasione dell’evento non avessero fatto intuire una simile situazione, D’Alema ha aggiunto un particolare rilevante: «Putin aveva al suo fianco due persone che lo sostenevano». Non è dato sapere quando e dove avesse visto la scena, di sicuro chi lo ha ascoltato gli ha dato credito.
Così riaffiora il giallo sulla salute di Putin, tema che annovera una pubblicistica lunga quanto le malattie che nel tempo gli sono state diagnosticate: da una serie di tumori al sangue e al pancreas, fino al Parkinson e alla sindrome di Cushing. I servizi di tutto il mondo cercano di mettere le mani sulla sua cartella clinica e il presidente russo — che viene dal Kgb — ha elevato la difesa della privacy. Un’autentica ossessione. Da anni, durante i suoi viaggi all’estero, gli agenti del Servizio di sicurezza federale russo raccolgono le feci e le urine del loro capo per non lasciare tracce genetiche e impedire la profilazione dei dati biometrici. In un filmato del 2019, registrato a Parigi, si nota Putin uscire da un bagno seguito da sei guardie del corpo munite di valigetta. Per evitare che dalle analisi delle scorie si possa risalire all’uso di eventuali farmaci, si è dotato di un bagno portatile.
Il «rituale» si ripete a ogni occasione, compresa la recente visita in Alaska dove ha incontrato Donald Trump. Ma Putin non è l’unico a comportarsi così. D’altronde, come scrissero sul Corriere Guido Olimpio e Paolo Valentino, i dati clinici di un leader «sono diventati merce preziosa e le tracce genetiche sono sicuramente quelle più sensibili e personali. Per i servizi segreti una vera miniera d’oro». Sia l’intelligence americana sia quella britannica ancora poco tempo addietro hanno smentito di avere «prove» su «gravi malattie» di Putin. Vero o falso, è segno che comunque sono a caccia e studiano ogni indizio.
Sia chiaro, durante il racconto D’Alema si è ben guardato dall’azzardare una diagnosi. Si è limitato a una rappresentazione dell’episodio. Aggiungendo un’annotazione personale di non poco conto. Perché il Putin «molto affaticato» e «sostenuto da due persone» gli aveva fatto tornare alla mente il Cavaliere: «Sembrava di vedere Silvio Berlusconi nell’ultimo periodo».
Se il dittatore comunista sia davvero afflitto da una malattia non è possibile desumerlo dallo stringato resoconto di una scena. Mentre è possibile intuire qualcosa di più dal famoso fuori onda tra Xi e Putin sfuggito nei giorni dell’evento a Pechino. Aveva detto il compagno cinese: «Prima le persone arrivavano raramente a settanta anni, ma oggi a settanta anni sei ancora un bambino». Aveva risposto il compagno russo: «Con lo sviluppo della biotecnologia gli organi umani possono essere trapiantati in modo continuo e le persone possono vivere sempre più giovani. Forse raggiungere persino l’immortalità». E Xi di rimando: «In questo secolo si prevede che le persone possano vivere fino a 150 anni». Nulla che non si sappia: è una patologia comune a ogni dittatore.
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27 settembre 2025
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