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Dalai Lama: «Ci sarà un successore e non sarà scelto dalla Cina». Pechino replica: «Decidiamo noi»

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Fulmini sul Tetto del mondo: annunciano la prossima tempesta? Il Dalai Lama, riverito capo spirituale del buddhismo tibetano, domenica compie 90 anni. La sua salute è buona, appare in forma, eppure è tornato ad annunciare che il suo successore, il bambino che accoglierà la sua anima immortale, non nascerà nel territorio controllato dalla Cina – dunque nemmeno in Tibet – bensì nel «mondo libero, forse anche in India». «Dichiaro che l’istituzione del Dalai Lama sarà perpetuata», ha detto Sua Santità durante un incontro religioso a McLeod Ganj, nel nord dell’India, dove vive in esilio e dove, fino alla fine della settimana, andranno avanti le celebrazioni in suo onore. Tenzin Gyatso, riconosciuto quando aveva tre anni come il Quattordicesimo Dalai Lama, è nato il 6 luglio del 1935 in un villaggio del Tibet, allora indipendente: nel 1959 fu costretto a fuggire in India, inseguito dalle armate di Mao Zedong che avevano represso nel sangue un’insurrezione dei tibetani; nel 1989 gli è stato riconosciuto il Premio Nobel per la Pace.

La questione della successione è cruciale perché i tibetani temono che la Cina voglia indicarne uno di proprio gradimento dato che, su indicazione del Partito comunista, è nata una «fondazione» la quale, afferma Pechino, ha ereditato il diritto di «riconoscere il nuovo Dalai Lama». Immediata la replica: «La responsabilità» della nomina del successore «ricadrà esclusivamente sui membri del Ganden Phodrang, l’ufficio di Sua Santità il Dalai Lama – è stato precisato -. Porteranno loro avanti le procedure di ricerca e di riconoscimento (del successore) nel rispetto della tradizione». E «nessun altro ha l’autorità di interferire». 
Questione chiusa? Tutt’altro. Oggi è arrivata la replica ufficiale. Mao Ning, la portavoce del ministero degli Esteri, ha detto che il successore del Dalai Lama sarà approvato «dal governo centrale» della Cina. Il Dalai Lama è venerato come una divinità dai buddisti tibetani ma è considerato un separatista dal Pcc. Di qui il desiderio di porre fine alle istanze di indipendenza sul Tetto del mondo: un capo spirituale fedele a Pechino dovrebbe, nelle intenzioni, rasserenare le velleità che ancora ardono come brace a Lhasa, anche se non è chiaro come questa figura «benedetta» dal Partito comunista potrebbe essere davvero accettata dai tibetani.

E tuttavia, Pechino afferma di avere l’autorità esclusiva di trovare la reincarnazione del Dalai Lama, cioè di nominare il successore di Tenzin Gyatso. «La reincarnazione del Dalai Lama deve rispettare i principi della ricerca interna in Cina» e «l’approvazione del governo centrale», ha dichiarato ancora Mao Ning. Il processo deve «seguire i rituali religiosi e il contesto storico, ed essere gestito in conformità con le leggi e i regolamenti nazionali», ha aggiunto. «In accordo con tutte queste richieste dei miei devoti e studenti riguardo alla mia reincarnazione, affermo che l’istituzione del Dalai Lama continuerà», è invece la risposta del Dalai Lama. Il Buddha vivente ha poi ribadito che il successore sarà scelto dalla Gaden Phodrang Foundation. La questione sarà affidata «esclusivamente» a loro, nessun altro ha «il potere di interferire in questo processo» ha sottolineato. Il rischio? Che un domani il Tibet abbia non uno ma due Dalai Lama: la tempesta perfetta.

2 luglio 2025

2 luglio 2025

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