Home / Economia / Dal maglioncino di Marchionne alle sfogliatelle di Filosa. Chi comanda (in Fiat o Stellantis) debutta a Mirafiori. Quell’Ad che arrivò in Audi e la nascose

Dal maglioncino di Marchionne alle sfogliatelle di Filosa. Chi comanda (in Fiat o Stellantis) debutta a Mirafiori. Quell’Ad che arrivò in Audi e la nascose

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«Ce la possiamo fare, torneremo grandi». Sergio Marchionne, giugno 2004. «A Torino la prima installazione per auto elettriche». Mike Manley, ottobre 2018. «Avete due bei stabilimenti, ma avete costi di produzione troppo alti, e non dipendono dalla manodopera». Carlos Tavares, febbraio 2021. «Sono uno di voi, so gli sforzi che fate. Insieme ce la faremo». Antonio Filosa, 25 giugno 2025. 

Per tutti debutto a Mirafiori

Tutte le strade dei nuovi ceo di Fiat partono ancora e inesorabilmente da Torino, anche se da vent’anni inseguono la segnaletica di Fiat Chrysler prima e poi di Stellantis. Tutti i nuovi ad, a dispetto di capitali e mercati sempre più internazionali, debuttano a Mirafiori, un po’ come i ministri giurano al Quirinale. Per tradizione i top manager assumono il titolo di «generali» passando in rassegna la truppa, da quell’esercito di tute blue sempre più a ranghi ridotti, e in costante ridimensionamento nelle Carrozzerie che assemblarono il «miracolo italiano» e la motorizzazione di massa. 

Dal maglioncino alle sfogliatelle

Ed è proprio nel giorno dell’investitura, nelle parole dei manager e nell’abbigliamento (dal maglioncino esibito come marchio di fabbrica da Marchionne al «total black» sfoggiato da Tavares fino alle sfogliatelle di Filosa), che Torino comincia a intravedere fotogramma dopo fotogramma dove porta la strada di una multinazionale allo stesso tempo con radici profonde a Torino ma sempre meno Torino-centrica. Sergio Marchionne da illustre sconosciuto italo canadese si presenta da Ginevra in città a fine primavera 2004, dopo l’uscita di strada turbolenta di Giuseppe Morchio ad per neanche trenta giorni. E piomba nella Torino che prova a sbocciare con le Olimpiadi 2006 con l’energia di una saetta a bordo di una Audi A6 che lui parcheggia di nascosto in un angolo del Lingotto. Non è ancora l’epoca del maglioncino, ma della cravatta che fatica a stare annodata. 

La battuta di Montezemolo

Sette giorni dopo l’insediamento, accompagnato da John Elkann, appena nominato vicepresidente di Fiat, il manager avvocato e finanziere a digiuno di esperienze industriali, visita Mirafiori, già a rischi ridimensionamento, accolto da una lettera dei lavoratori in cui chiedono garanzie occupazionali, soprattutto per l’accordo sul Powertrain con Gm. L’azienda ha perso nel primo trimestre, 192 milioni di euro. Ed è a un passo dal fallimento. «Fiat è ottima», tira dritto Marchionne, ora tutti al lavoro «la priorità è l’auto». I conti fanno paura. Ma si parla anche di cambio del linguaggio al Lingotto; Luca Cordero di Montezemolo, presidente Fiat, sgancia pure una battutaccia alla presentazione di Marchionne: «il nostro Pippo Baudo», indicando tra le risate l’ufficio stampa Simone Migliarino. 

La prima prova di Mike Manley

Un’anticipazione degli anni a doppia velocità, del lavoro non stop lungo le rotte Torino-Detroit, liberi dal convertendo con le banche, dal patto con Gm, dall’acquisizione di Fca, il rilancio degli stabilimenti italiani battezzati da un Renzi «gasatissimo». Mike Manley, manager americano, già ad di Jeep, e già libero da cravatta, subentra nei giorni drammatici della malattie della morte di Marchionne. Non ci sono tappeti rossi, ma le esequie e il cordoglio per il super manager italo-canadese. Eppure sarà lui, Manley, ad anticipare la rivoluzione elettrica con il lancio a Torino, non fortunatissimo se visto con gli specchietti retrovisori del tempo, della prima piattaforma elettrica in Italia con la 500 Bev e 5 miliardi di investimenti. Intanto la palazzina del Lingotto, storico quartier generale Fiat, viene messa in vendita. Torino resta con le fabbriche di Mirafiori e Grugliasco. 

Stellantis dopo le nozze

Dopo Fiat Chrysler c’è il debutto di Stellantis, che nasce dalle nozze tra Fca e Psa, che è gelido nei fatti, ruvido nelle parole. «Avete due bei stabilimenti, ma costi di produzione troppo alti. E non dipendono dalla manodopera», debutta così con un colpo da ko Carlos Tavares a Mirafiori lasciando intendere che due fabbriche a Torino sono troppe. Mascherina in volto, è la stagionee del Covid, il top manager portoghese ripete ai lavoratori senza indorare la pillola: «Non sono un demagogo. In Italia i salari sono più bassi, ma alla fine il costo del prodotto è più alto che in Francia dove gli stipendi sono più alti che in Italia. La causa non è la manodopera, ma tutto il resto, ad iniziare dai servizi, su cui si dovrà incidere». 

Stabilimento in vendita online

Lo stabilimento di Maserati finisce su Immobiliare.it. Le politiche di contenimento dei costi portano a fare acquisti di componenti all’estero, all’80% in paedi low cost. Diversi modelli iconici Fiat vengono allocati fuori dall’Italia: la Topolino in Marocco, la nuova Alfa in Polonia, la Grande Panda in Serbia. La vis polemica di Tavares finisce in pasto al dibattito politico. Lo scontro con i ministri del governo Meloni diventa quotidiano in un crescendo quasi da commedia dell’arte. «Non è legale chiamare un’auto Alfa Milano se la produci in Polonia», tuona il ministro del Mimit Urso. I conti vanno male, soprattutto in America, e anche Tavares esce di scena dopo l’ennesima curva. 

Al volante c’è Filosa

Dopo sei mesi di interregno a guida John Elkann, colpito al cuore dai fischi degli spettatori che lo accompagnano alle Atp Finals di Torino, lavorando per ricucire i rapporti con tutti, istituzioni, sindacati e fornitori, al volante arriva Antonio Filosa, un manager 55 enne cresciuto con Marchionne. Intanto Maserati torna a Modena con gli ultimi modelli rimasti, a Torino ci sono altre 600 uscite volontarie. A Mirafiori Filosa si presenta come «uno di voi, so gli sforzi che fate. So che per voi e le vostre famiglie è un periodo di cambiamento difficile». Filosa visita lo stabilimento di Mirafiori in camicia bianca, maniche arrotolate e larghi sorrisi, e poi vuole incontrare un gruppo di operai. Sono circa 300. Offre pizze e sfogliatelle, in segno delle sue origini napoletane. Il suo ufficio non sarà Mirafiori ma Detroit. Bisogna rimettere in sesto il mercato americano per far ripartire il motore di Stellantis. Eppure assicura: «Sono uno di voi. Visiterò ogni settimana uno stabilimento».


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26 giugno 2025 ( modifica il 26 giugno 2025 | 12:32)

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