
Negli ultimi giorni quasi chiunque, negli Stati Uniti, ha espresso un parere sulla campagna pubblicitaria di American Eagle che ha come protagonista l’attrice Sydney Sweeney, celebre per i suoi ruoli in Euphoria e C’era una volta a… Hollywood nonché, quantomeno in patria, ubiqua testimonial di tutto o quasi (la vita a Los Angeles costa e le attrici non guadagnano come una volta, ha spiegato).
Lo slogan è: «Sydney Sweeney has great jeans». In inglese il gioco di parole è evidente: «Has great jeans» (ha dei gran bei jeans) suona quasi identico a «has great genes» (ha dei gran bei geni). Sweeney è bianca, bionda e con gli occhi azzurri. E quindi American Eagle è stata quasi subito trafitta dalle critiche provenienti dai custodi della wokeness.
La sua campagna pubblicitaria è stata definita, in climax ascendente, razzista, suprematista, ariana, nazista. Le nubi temporalesche che si erano subito addensate sullo slogan si sono presto trasformate nel consueto nubifragio di opinioni. Tutti hanno detto la loro, «pro» o «contro».
Non ci sono state, infatti, solo critiche. Ad esempio, Stephen Colbert, forse per bilanciare il suo nuovo posizionamento nel ruolo di perseguitato politico, dopo che il suo Late Show è stato cancellato a causa di un (presunto) «editto di Sofia» promulgato da Donald Trump, ha detto che forse sui jeans di Sweeney c’è stata una reazione un po’ troppo scomposta. E il vicepresidente JD Vance, rivolto agli indignati: «Non avete imparato niente dalle elezioni del novembre 2024? A quanto pare, avete capito che dovete aggredire quelli che pensano che Sweeney sia stupenda, dando loro dei nazisti. Ragazzi, è proprio una grande strategia!».
Tardivamente, American Eagle ha emesso una nota dicendo, in sostanza, che quella pubblicità parlava solo dei loro bellissimi jeans con la “j” e di nient’altro. Bel tentativo, se non fosse che circola anche un filmato in cui Sweeney, inguainata in un completo jeans, dice ammiccante: «I geni si trasmettono dai genitori alla loro prole e spesso determinano alcune caratteristiche, come il colore dei capelli, la personalità e perfino il colore degli occhi…». A questo punto la telecamera stringe sull’azzurrissimo sguardo di Sydney, che dice: «I miei jeans sono blu».
In più c’è un precedente (si tratta sempre di jeans, il capo perfetto, pare, per scatenare polemiche: si pensi al «Chi mi ama mi segua» inventato da Oliviero Toscani per gli shorts Jesus). Il riferimento è allo spot per Calvin Klein del 1980 in cui Brooke Shields, indossando dei jeans, discettava per un minuto abbondante — un’eternità anche per gli standard pubblicitari dell’epoca — di genes, intesi come geni. Allora però la polemica nacque dallo slogan «Sapete che cosa mi separa dai miei Calvins? Niente», pronunciato da una Shields appena quindicenne.
Applicando sociologia spicciola e cliché — Sweeney ha partecipato al matrimonio di Jeff Bezos a Venezia, le piace la musica country, in alcune foto apparse su Instagram un suo parente che indossa una maglia di Blue Lives Matter (le «blue lives» sono le vite dei poliziotti), è cresciuta nella parte più orientale dello Stato di Washington e in Idaho, zone ipertrumpiane — molti stanno usando questa vicenda come un ulteriore cuneo da infilare nella spaccatura tra le due Americhe. Intanto, il New Yorker nota che circola anche una pubblicità di jeans più inclusiva, per la Levi’s e interpretata da Beyoncé, che è bionda ma non bianca. Ma poi, a chiudere il cerchio con un cortocircuito, ecco che rispunta un’intervista rilasciata dalla stessa Sweeney, nel 2023, a Glamour UK: «Io, al naturale, sono mora».
3 agosto 2025 ( modifica il 3 agosto 2025 | 08:15)
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