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Da 12 a 35 miliardi di dollari. Così Kiev può triplicare la sua produzione militare

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Dopo tre anni e mezzo di guerra per sopravvivere come Paese indipendente, l’Ucraina è profondamente trasformata. I caduti sono oltre 70 mila, un quarto rispetto a quelli nell’esercito russo, ma molti per una popolazione quasi 4 volte più piccola. Anche l’economia è trasformata: Oleksandr Kamyshin, consigliere di Volodymyr Zelensky per l’industria della Difesa, dice al Corriere che in Ucraina dal 2022 sono nate oltre 500 imprese della difesa. In gran parte producono droni, anche guidati dall’Intelligenza artificiale. Sono talmente più avanti dei gruppi europei o americani in questo settore, che le autorità di Kiev stanno cercando di impedire alle imprese occidentali di portarsi via alcuni degli ingegneri ucraini alla base di questo specifico boom industriale.

«Siamo disponibili a condividere il nostro know how» dice Kamyshin, con una sfumatura: «Saremmo felici di formare dei partenariati prima con le nazioni che ci aiutano di più». Perché il punto di fondo, dopo tre anni e mezzo di lotta, è sempre lo stesso: servono risorse da investire in armi per difendere la linea del fronte e i cieli delle città. Kamyshin spiega che l’industria militare in Ucraina ormai è in grado di generare mezzi bellici per 35 miliardi di dollari l’anno, ma il valore della produzione quest’anno si fermerà a 12 miliardi. Per il resto, mancano le risorse. La Russia produce varie volte di più.

Quest’aspetto rimanda i governi europei alle loro responsabilità. Perché l’America, sotto Donald Trump, ha reso chiaro che intende lasciare a loro il sostegno dell’Ucraina. Ai margini della Conferenza per la ricostruzione il commissario Ue alla Difesa, il lituano Andrius Kubilius, ricorda che l’aiuto militare dei governi dell’Ue a Kiev vale in tutto 52 miliardi di euro dal 2022: meno dello 0,1% del prodotto lordo dell’area ogni anno e meno dei 60 miliardi degli Stati Uniti. 

Gli stessi Patriot antimissile che ora Trump promette a Kiev andranno comprati dai governi europei presso l’americana Lockheed Martin e dati a Kiev. Per questo l’eventuale uso diretto delle riserve russe congelate, circa 300 miliardi di euro, è un tema carsico che non muore mai. Germania, Francia e Italia non vogliono sequestrare quelle riserve russe in euro, perché temono che un precedente del genere metta in discussione la credibilità della valuta europea. L’Olanda, gli scandinavi e quasi tutta l’Europa centro-orientale invece spingono per prendere quei fondi e armare Kiev.

Per ora siamo allo stallo. Ma cosa accadrebbe se il fronte ucraino desse segni di cedimento? Una delle idee è di usare i proventi degli investimenti da quelle riserve, come già deciso, ma investirle in modo più aggressivo per far avere rendimenti più alti. Dice una soldatessa ucraina giunta a Roma in questi giorni dal fronte del Donbass: «Capisco che alle democrazie serva tempo per decidere. Ma ora è il vostro turno, europei».

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12 luglio 2025

12 luglio 2025

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