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Crescita e occupazione, per coltivare nuovi leader servono capitale umano e governance

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Pubblichiamo una sintesi del nuovo saggio «Il futuro non aspetta», Egea, che verrà presentato all’Università Bocconi il 16 ottobre in viale Bligny, 22 alle 17.30 con l’autore e Alessandro Profumo. Secondo appuntamento a Book City Milano il 16 novembre (ore 11 Cam, Corso Garibaldi,27 ) con Mario Monti e Ferruccio de Bortoli.

Questo saggio nasce non solo per legare insieme le riflessioni che ho sviluppato negli ultimi anni ma anche, soprattutto, perché tutti e tutte noi avvertiamo un senso di trasformazione epocale della nostra società – e delle relazioni fra i diversi sistemi-paese – senza intravvederne ancora il risultato. La sensazione è accentuata dalla velocità che la quantità di risorse finanziarie disponibili e l’innovazione generano, portando il futuro nel presente e ponendo interrogativi e rischi molteplici. Fare continuamente i conti con il futuro è esaltante ma ci manca il terreno sotto i piedi perché non abbiamo tempo di progettare, pianificare, riflettere.

Salto di livello

La forza dei mezzi disponibili e l’accelerazione richiedono un salto di livello cognitivo ma soprattutto manageriale. La nostra società ha sempre più «potenza» (risorse finanziarie, dati, intelligenza artificiale) ma ha bisogno di ancora più «potere» ossia di governance, management e capacità di guida. Oltre che di un grande senso della postura e di solidità. Ma in questo contesto occorre anche avere l’ambizione di esserci e di incidere, per orientare la traiettoria e il punto di atterraggio. La crescita e la ricerca della dimensione diventano allora elementi chiave dei nostri ragionamenti. La crescita è la precondizione per assicurare non solo maggiore ricchezza ma capacità di investire e di innovare, di creare occupazione e le condizioni per una migliore società in cui vivere. La dimensione diviene uno strumento fondamentale per sostenere la crescita ed è il tratto distintivo di un mercato dove la competizione si sviluppa sempre di più tra giganti: gli Stati fra loro, le aziende, le istituzioni finanziarie. Senza grande dimensione si perde progressivamente di visibilità nella mappa del mondo e quindi la possibilità di sostenere tutto l’ecosistema che ci circonda: le filiere, le Pmi, il sistema di welfare.

Capitale umano

Complessità, velocità e dimensione richiedono tanta intelligenza umana e quindi tanto capitale umano. Il cui compito è oltre modo difficile, sia perché il futuro è continuamente presente sia per la complessità dell’ambiente da interpretare e per la quantità delle gestioni tecniche di cui farsi carico. E tutto ciò mette sotto pressione l’essenza stessa delle forme di governo e di democrazia, aprendo strade inesplorate, con il rischio di incubi e soluzioni costruite senza fondamenta, per arginare le quali il capitale umano è l’unica garanzia che abbiamo. Di fronte all’incertezza, di fronte ai rischi, di fronte alle opportunità che si aprono, solo dal capitale umano possono scaturire la creazione e la scelta di strade che cerchino il bene per la collettività e un’evoluzione a servizio del bene comune. Il capitale umano si declina poi nelle diverse forme che vanno dalla leadership alla governance, al talento, ai giovani e agli anziani, ai manager e ai policy maker. Tutti tavoli di lavoro da seguire, con passione.

Regole, finanza e Stato facilitatore

La domanda inevitabile è: ce la faremo? Proviamo a scrivere un finale diverso? Per far sì che la risposta sia affermativa i passaggi sono tanti: accettare e utilizzare la forza d’urto della finanza, riconoscendone i pregi e lavorando per una sua evoluzione a servizio del sistema economico e operare sui tanti fronti delle regole e sul ruolo dello Stato come facilitatore del mercato per il bene comune. Tutto ciò è possibile perché l’Italia è un paese dotato di straordinaria intelligenza e di tante persone di buona volontà. Anche se è fuori dal mandato che mi sono dato con questo libro, mi sento di aggiungere che dobbiamo tutti trovare il modo perché questo capitale intellettuale, umano e relazionale si connetta – o riconnetta – alla funzione politica più alta per essere usato appieno. 

Gli anticorpi

La sfida può essere vinta solo coltivando gli anticorpi necessari per evitare la tentazione di scorciatoie, retromarce e dialettiche strumentali fra Stato e mercato o, peggio ancora, contro banche e mercati finanziari. Quali gli anticorpi? Senza fare una classifica, ma solo in un ordine di apparizione dettato dal gusto personale e dal particolare al generale, penso che quattro siano i fattori indispensabili: la buona governance delle istituzioni, la diversità, la dimensione ambientale e sociale, la forza del capitale umano.

La leadership

L’ultimo aspetto del tema educativo e dello sviluppo del capitale umano afferisce alla leadership. I tanti studenti che ho incontrato e che adesso sono adulti mi hanno permesso di vedere che il talento naturale conta. Ma altrettanto conta l’educazione alla leadership, non tanto per insegnare a un giovane come diventare ceo o primo ministro ma spingerlo a coltivare in modo sano le proprie ambizioni, a comprendere pienamente che cosa significhi assumere la responsabilità verso sé stessi, il proprio gruppo e la società in generale, a saper vedere oltre il brevissimo periodo per costruire un proprio percorso di impatto. Se l’ambizione e il talento dei singoli viene indirizzato su questo obiettivo, sistema finanziario e sistema economico possono raggiungere traguardi che oggi ci sembrano impensabili, capaci di coniugare quei due mondi in apparenza così distanti che sono dati dalla crescita economica e dal benessere sociale in tutti i suoi valori. Non dobbiamo in nessun modo lasciare spazio alla costruzione di forme di leadership che non si riconoscano in questo percorso, che nascono senza una formazione e senza cultura e che si compiacciono del potere che si trovano tra le mani ma che non sanno amministrare. La leadership deve essere l’arte della costruzione e attraversare tutti i ruoli di management, pubblico e privato. La scelta però è nostra così come è nostra la scelta di quali siano i leader della nostra epoca – aziendali, istituzionali e politici – che vogliamo siano ricordati in futuro. E il futuro non aspetta.

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15 ottobre 2025

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