
Cesare Cremonini non vuole più viaggiare da solo. Troppo dolore. Troppa sofferenza. Lo grida ai 57 mila di San Siro che ieri sera hanno preparato la valigia per accompagnarlo in questo tour negli stadi: 12 date in 8 città, tutto sold out.
Il viaggio di cui parla Cesare è fisico. Quello che lo ha portato ad attraversare l’America in auto su su fino ai ghiacci dell’estremo nord e che gli ha acceso la scintilla per l’ultimo album «Alaska Baby». Con lui c’era anche un regista ad accompagnarlo e a mitigare l’isolamento. È soprattutto un viaggio interiore l’oggetto al centro di questo progetto.
La vera solitudine, quella da cui fugge, Cesare l’ha vissuta in altri momenti. È qualcosa di personale e profondo, che gli corre dietro e non lo molla. «Per questo disco mi sono messo in discussione, ho ritrovato un contatto con l’emozione e non con l’ego. E da lì è arrivato il coraggio di riprovare a donare sentimenti», raccontava il cantautore alla vigilia dello show. È anche una solitudine artistica la sua: quindici anni fa gli stadi se li sognava dal ridotto di camerini improvvisati per quei concerti gratuiti che era costretto a fare in giro per le piazze di mezza Italia. «Il giocattolo Lùnapop si era rotto e questo aveva creato qualche difficoltà nel togliere certe etichette». Quelle se le è strappate via da solo, lavorando a dischi e canzoni coerenti con la sua idea di qualità e musica e non con le varie mode dei vari momenti e che oggi l’hanno portato qui. Al centro di un palco enorme, con un megaschermo che nei visual ha il filo conduttore dei profili delle montagne innevate e del ghiaccio dell’Alaska, fra il documentario paesaggistico da National Geographic e visioni psichedelico-digitali, ma niente scorciatoie dell’AI che sono fredde, ma in un altro senso.
Due ore e mezza di concerto, il nuovo disco che caratterizza la scaletta più che un greatest hits perché «mi farebbe paura il karaoke: non è il momento di fare cassa, sono impegnato nella ricerca e nell’oggi, non mi siedo sugli allori». E infatti dopo l’intro strumentale, la prima tappa del viaggio musicale è proprio la title track dell’ultimo album. Cesare spinge sull’energia con «Dicono di me» e «PadreMadre». «Il comico (sai che risate)» profuma dell’intro di «Where the Streets Have No Name» degli U2. I cori del pubblico su «Ora che non ho più te» dimostrano la forza del presente artistico, quelli su «La nuova stella di Broadway» che le basi erano solide da tempo.
Il pianoforte trasparente che appare da una botola per il momento in solitudine con lo strumento preferito di «Acrobati» (introdotta da ballerini che ruotano sul palco dentro a cerchi led), «Vieni a vedere perché» e «Le sei e ventisei» dà l’illusione del ghiaccio.
Il concept è chiaro. Cesare è in forma («Arrivo da una dieta no alcol, no zucchero e no social: tre veleni») e spinge su «Mondo», «Logico #1» e «Grey Goose» finendo a petto nudo e dimostrando che un cantautore può anche essere un performer esplosivo e coinvolgente.
Si torna alle emozioni più fragili. Per «Aurore boreali», in duetto con Elisa («Un arcangelo che mi protegge»), i laser proiettati su un velo di fumo, i colori fra il verde e l’azzurro, ricreano l’effetto del fenomeno naturalistico: chi sta sotto fa wow. Per l’inno di bolognesità «San Luca» c’è quell«anima gentile» di Luca Carboni che torna su un grande palco dopo la malattia: che brividi rivederlo e pensare a quello che ha passato. Ci sarà anche stasera, negli show di Bologna e in chiusura a Roma con Jovanotti. A «50 Special» cosa vuoi dire? Niente, la balli e fai lo scemo allargando le braccia. «Poetica» è un gioiello.
Il viaggio musicale di «Alaska Baby» non si ferma qui. Ci sono quattro eventi nei grandi spazi già lanciati per la prossima estate: l’Ippodromo a Milano, l’arena del Visarno a Firenze, il Circo Massimo a Roma e l’autodromo di Imola. E poi probabilmente ancora i palazzetti. Il viaggio fisico è un modo per evitare di pensare alle tappe di quello personale. «Il tour è una bolla che ti protegge, viviamo momenti drammatici personali e social, ma i tour e le canzoni sono bolle che ti proteggono. Quindi adesso mi sento bene. Vediamo cosa succederà dopo».
15 giugno 2025
© RIPRODUZIONE RISERVATA
15 giugno 2025
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