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Consiglio Regionale, Lega e FdI litigano sui fucilati della Grande Guerra. I meloniani: «Rischio di disonorare tanti eroi caduti per la Patria»

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Veneto, Lega e Fratelli d’Italia asserragliati in trincee nemiche. In vista del futuro (entrambe reclamano il candidato presidente per la successione a Luca Zaia), ma anche rispetto al passato. L’ultimo casus belli è la legge approvata dal consiglio regionale per la riabilitazione dei soldati fucilati nella Grande Guerra. Esecuzioni motivate, spesso, da minimi gesti di insubordinazione. Un caso simbolo, più volte ricordato in Aula, avvenne nel Padovano. L’artigliere Alessandro Ruffini fu fucilato alla schiena, senza processo, per ordine del generale Andrea Graziani per non essersi tolto il sigaro di bocca nel salutarlo. Le cronache della prima guerra mondiale riportano casi analoghi, molte diserzioni, spesso dopo lunghi periodi tra gli orrori delle trincee. Diserzioni di giovani contadini, molti semi analfabeti, usati come carne da cannone dai «generali romani», è la lettura del Carroccio. «Traditori della Patria» per FdI.

La battaglia in aula

Proposta dalla Lega, votata anche da Forza Italia, dal Pd e dal resto delle opposizioni, la legge non ha avuto il placet dei consiglieri meloniani capitanati da Lucas Pavanetto. Che hanno dato battaglia in Aula, finendo per votare platealmente contro dopo essersi visti bocciare emendamenti in cui si chiedeva di inserire, dopo «fucilati» un avverbio: «ingiustamente». Per FdI il rischio di riabilitare disertori, quindi «traditori», delinquenti macchiatisi di reati contro la popolazione, dagli stupri ai saccheggi, equivale a disonorare i tanti «eroi caduti difendendo la Patria».

I rischi

La chiave leghista è un’altra: furono centinaia i giovani veneti vittima di esecuzioni sommarie legate a un’applicazione rigidissima della legge marziale. Roberto Ciambetti, presidente del parlamentino veneto e primo firmatario della norma, parla di «un dovere etico e morale per sanare una profonda ingiustizia». Pavanetto ha replicato: «La più grande ingiustizia è trattare casi diversi in maniera uguale, di assolvere e celebrare anche chi, con indosso la divisa, non solo ha tradito i compagni, ma ha commesso reati efferati contro i civili. Il rischio di revisionismo positivo per i colpevoli che li equipara agli innocenti non è accettabile».

Caso per caso

E a rinfocolare la polemica c’è anche il video dell’ex assessore regionale di FdI, ora europarlamentare, Elena Donazzan: «Dopo essere stati processati e condannati, i militari che si macchiavano di reati di guerra e civili come omicidio, stupro, ruberie, venivano fucilati. Se un vostro avo fosse stato ucciso da uno di loro, cosa pensereste oggi di chi a quell’omicida ha ridato l’onore? Se un vostro avo fosse morto al fronte rispettando le regole e combattendo per un ideale per le future generazioni, cosa pensereste oggi che il suo sacrificio è equiparato al comportamento di chi disertava per salvarsi? O peggio rubava, uccideva… Tutto questo spendendo anche risorse di tutti noi, 100 mila euro nel primo anno di validità della legge». La Regione ribatte che no, la legge non riabilita «i condannati per reati comuni» bensì istituisce una commissione che dovrà valutare caso per caso.


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26 settembre 2025

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