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Con il «Corriere» le 30 parole della civiltà greca che ci accompagnano

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Éros, nella concezione greca, non è solo il sentimento che invade l’anima di un essere umano, facendolo innamorare di un altro, ma è anche una forza primordiale che si colloca all’alba della vita. L’universo dei Greci nasce dallo sforzo delle prime forme viventi di autogenerarsi in modo violento e crudele; ciò che muove l’evoluzione del mondo è un’energia, invincibile, connaturata alla materia e non trascendente rispetto a essa, una forza che continuamente crea e congiunge e distrugge e rinnova, e viene detta Eros, Amore.

Per questo nel mito più antico Eros nasce direttamente da Chaos, il vortice primigenio in cui si trova contenuta tutta la materia. Dice Esiodo: «All’inizio fu Chaos e poi Terra dall’ampio seno, per sempre sede perenne degli dèi che abitano il nevoso Olimpo, e Tartaro buio nelle viscere della terra oscura, ed Eros, il più bello degli Immortali, che scioglie le membra, e di tutti gli dèi e di tutti gli uomini fiacca nel petto la mente e il saggio consiglio» (Teogonia, 116-122)

Éros è dunque iscritto nel codice genetico di ogni specie vivente sin dall’origine; quindi sentire dentro di sé questa energia indomabile è inevitabile per ogni essere che vive sulla Terra, animali, uomini e dèi.

Il mistero di questa energia di vita rappresenta uno dei più alti punti di riflessione nel pensiero — oltre che nella poesia — dei Greci: del resto, il loro poema fondamentale, l’Iliade, nasce appunto da una storia di passione che spezza ogni regola, quando Elena abbandona lo sposo, la figlia e la sua reputazione, tutto, per seguire Paride. Ma non fu la sua volontà a decidere: venne travolta da Afrodite.

C’è però nell’amore un paradosso: se nell’universo Eros promuove la formazione del mondo ordinato e bello come lo vediamo, nelle anime umane avviene il contrario: la passione, come una tempesta, travolge ogni cosa e porta il disordine là dove sembrava che ci fosse quiete. «Eros è come una tempesta che scende dai monti e sradica le querce», diceva Saffo, «una dolceamara invincibile belva», un nemico ma anche un alleato, e Afrodite è dolóplokos, «orditrice di inganni»; mentre Ibico in un paio di frammenti scrive: «Per me Eros non dorme/ in nessuna stagione:/ come il vento di Tracia infiammato di lampi/ infuria accanto a Cipride/ e mi riarde di follia/ cupo invincibile/ con forza custodisce la mia mente» (frammento 286 Davies). «Nuovamente Eros sotto le palpebre scure/ mi guarda e mi scioglie/ e con variegate malie mi spinge/ tra le inestricabili reti di Cipride./ Io tremo quando lo sento venire/ come un corsiero già vecchio/ allenato a molte vittorie/ contro sua voglia/ s’avvia alla gara dei carri veloci» (frammento 287 Davies).

Ogni goccia, ogni frammento di quello che avviene nel mondo è impastato di questa materia erotica, senza la quale nulla potrebbe esistere. Dal grande ordine dell’universo si scende perciò al piccolo disordine delle anime, dove l’amore porta le sue follie, le sue ansie e le sue passioni, ma è comunque la più importante energia cui un’anima umana può attingere, a meno che sia l’anima di un bruto, ma in fondo anche di quello, dato che (come diceva Lucrezio) è l’angoscia di un’anima che ne è priva e la felicità di un’anima che lo incontra, per poi forse rompere l’armonia e ricominciare daccapo con un nuovo disordine.

Eros, scriveva Platone nel Simposio, è figlio del dio Penía, «mancanza» d’amore, e Póros, «espediente» per raggiungerlo, due forze che non si fermano mai perché sono connaturate alla ricerca dell’amore. L’innamorato aspira a riprodurre, nel suo microcosmo individuale, il legame amoroso che unisce tra loro le parti divise dell’universo, racchiudendole in una misteriosa armonia.

«Se a due amanti proprio nel momento in cui sono a letto insieme, si avvicinasse Efesto con i suoi strumenti e domandasse: “Che cosa volete che vi succeda ora?”. E, se quelli non sapessero che rispondere, dicesse ancora: “Forse desiderate questo, di stare uniti tra voi, in modo da non lasciarvi mai, notte e giorno? Se volete questo, vi fonderò e vi unirò in una sola natura, in modo da farvi diventare uno da due che siete. Così vivrete come un essere unico per tutta la vita, e quando morirete sarete uno solo laggiù nell’Ade, insieme anche da morti. Se volete questo, lo farò”. Io dico che nessuno dei due si tirerebbe indietro e non esprimerebbe altro desiderio, ma penserebbe di avere sentito quello che voleva da tempo, cioè fondersi con l’essere amato e da due diventare uno (Platone, Simposio, 192e).

Se Eros abbandonasse la Terra, la natura stessa perirebbe, e nulla potrebbe esistere. Eros opera incessantemente nel cuore degli uomini e degli dèi. Fermiamoci un momento su questa seconda affermazione: anche gli dèi sono vittime di Eros o di Afrodite, la forma divina che incarna amore.

La nascita di Afrodite dal mare è raccontata in un terribile mito delle origini, in cui il sangue di un padre evirato — un quasi parricidio quindi, compiuto da un figlio crudele — libera le forze erotiche che devono manifestarsi, e al termine di questo processo infine nasce lei, Afrodite, che da allora dirigerà le anime secondo la sua legge misteriosa.

Siamo all’inizio dell’evoluzione: la Terra (cioè Gea) genera «simile a sé» Urano stellato, il cielo; e tra i due inizia un unico, infinito abbraccio. Urano ogni notte giace su Gea, la copre in ogni sua parte, spinto da un’infinita energia erotica.

Forse niente in tutta la letteratura antica esprime in modo così potente la violenza di una forza cosmica, tutta fatta di sessualità, in cui si risolve la vita dell’universo. Non c’è altro che quello, tutto ciò che dovrà esistere è racchiuso in un unico abbraccio senza fine, senza parole, senza eventi e in cui niente viene lasciato libero, perché ogni particella di Terra è ricoperta dalla corrispondente particella di Cielo, e la Terra, perennemente fecondata, non può sgravarsi di ciò che le cresce nel corpo. La vita stessa è bloccata. Allora Gea chiede a uno dei suoi figli, che le crescono dentro, di evirare il padre con una falce magica, in modo che l’amplesso termini e che il Cielo si ritragga nello spazio remoto dove dovrà stare per sempre, lontano. Tutti gli altri hanno paura; solo uno, Crono, si offre per il terribile compito. Per il resto, è meglio lasciare nuovamente la parola a Esiodo: «E giunse portando la notte il grande Urano, s’accostò a Gea bramoso d’amore e si distese su di lei, avvolgendola tutta; ma dall’agguato si protese il figlio allungando la mano sinistra e con la destra impugnò la falce immensa, grande, dai denti aguzzi, afferrò i genitali del padre, li tagliò con tutta la forza e li gettò dietro le spalle, ma non uscirono invano dalla sua mano: Gea accolse le gocce di sangue sprizzato e al compiersi delle stagioni generò le Erinni possenti e i grandi Giganti, splendenti nelle armature, con lunghe aste nel pugno, e le Ninfe che chiamano Melie sulla terra infinita. E appena ebbe reciso i genitali del padre, Crono li scagliò dalla terra nel mare dalla grande risacca; per lungo tempo il mare li portò alla deriva e attorno al membro immortale si addensò la spuma; dentro si formò una fanciulla, che toccò terra in Citera divina, e da quel luogo fu poi trascinata a Cipro cinta dal mare, dove venne alla luce una dea veneranda, splendida, sotto i suoi morbidi piedi subito l’erba spuntava» (Teogonia, 176-206).

Il volume a 9,90 euro. Lemmi ancora attuali dopo millenni di storia

Il libro di Giulio Guidorizzi Il lessico dei Greci. Una civiltà in 30 parole sarà in edicola con il «Corriere della Sera» a partire dal 27 settembre, e per un mese, al prezzo di e 9,90, oltre al costo del quotidiano. L’uscita è una collaborazione con la casa editrice Raffaello Cortina che aveva pubblicato con successo il libro l’anno scorso. Ogni capitolo è dedicato a una parola scelta dall’autore dal lessico dell’antica Grecia. Parole che continuano, dopo più di tremila anni, a essere pronunciate. La storia delle parole è anche la storia dei concetti che esprimono e che si misurano col tempo. E che sono sempre attuali. Si va da anima a sapienza, da legge a giustizia, da amore ad amicizia, attraversando tutti i campi del sapere. Guidorizzi (Bergamo, 1948) è studioso di mitologia classica e di antropologia del mondo antico; ha insegnato Letteratura greca e Antropologia del mondo antico all’Università degli Studi di Milano e di Torino. Fra i suoi libri più recenti: Ulisse, l’ultimo degli eroi (Einaudi, 2018), Enea, lo straniero. Le origini di Roma (Einaudi, 2020) e I miti delle stelle (Raffaello Cortina, 2023).

26 settembre 2025 (modifica il 26 settembre 2025 | 21:25)

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