
«I più gravi errori commessi dagli investitori nascono da un’errata valutazione della propria capacità di tollerare le oscillazioni negative». Per Christel Rendu de Lint, co-ceo di Vontobel — gruppo con 100 anni di storia, quotato alla Borsa di Zurigo, con oltre 240 miliardi di euro di asset in gestione, presente in Italia dal 2003 con due sedi e 55 professionisti — bisogna essere molto rigorosi in questo processo di auto-analisi. I movimenti possono essere violenti, più del previsto, anche perché «spesso chi utilizza strumenti a gestione passiva tende a sopravvalutare il livello di diversificazione del proprio portafoglio», osserva de Lint. E d’altra parte anche choc imprevisti, come l’ultima crisi in Medioriente, passano talvolta inosservati. O generano reazioni immediate destinata a essere velocemente riassorbite. La volatilità, del resto, ha anche a che fare con un fenomeno di forte concentrazione dei portafogli globali. Basti pensare che in un indice come l’Msci World, tra i più diffusi panieri di riferimento per le azioni dei Paesi sviluppati, gli Stati Uniti oggi hanno un peso del 71% (10 anni fa era il 53%). E che le Magnifiche 7 — Apple, Microsoft, Meta/Facebook, Alphabet/Google, Nvidia, Microsoft, Tesla — valgono da sole quasi un quarto del paniere globale, un terzo se si considera l’S&P500.
I dubbi sul debito pubblico americano
«La volatilità, come si è visto negli ultimi mesi, può essere elevata», ricorda de Lint. «Sia chiaro: l’intelligenza artificiale, che ha guidato la corsa dei titoli tecnologici nel 2023 e nel 2024, rimane un tema centrale. Ma ora i benefici dell’innovazione devono trasferirsi anche sulle aziende degli altri settori. Questo, ad un certo punto, permetterà di ribilanciare il peso degli indici globali». Nel frattempo, «avere un portafoglio realmente diversificato aiuta a mitigare l’ampiezza delle oscillazioni. L’obbligazionario, a sua volta, è un importante stabilizzatore, grazie ai flussi di reddito». Molti investitori iniziano però a manifestare un crescente disagio rispetto alla sostenibilità del debito pubblico americano. «È innegabile che si sia già verificato uno spostamento nella domanda relativa. Nelle conversazioni con i clienti di tutto il mondo, questo è uno dei temi più ricorrenti e rappresenta sicuramente una novità. Probabilmente questo significa che continueremo a vedere gli investitori diversificare i propri investimenti, preferendo altri mercati al debito statunitense», rileva la ceo. In ogni caso, precisa, «nonostante la volatilità degli ultimi mesi, siamo lontani dal 2022, quando venne a mancare la tradizionale correlazione inversa tra azioni e bond».
Dove rifugiarsi se si vuole trovare un’alternativa al dollaro
Un altro tema caldissimo riguarda il biglietto verde. «Il dollaro ha attraversato un periodo di mercato rialzista estremamente prolungato e, da un punto di vista puramente ciclico, è probabile che ci attenda un mercato ribassista. Esistono tendenze strutturali, macroeconomiche e tematiche che rafforzano questa visione ciclica. Il dollaro Usa è sottoposto a pressioni al ribasso, poiché l’indipendenza della Fed è messa in discussione e le crescenti tensioni con i principali partner commerciali ne mettono a dura prova la posizione globale e l’attrattiva per gli investitori. Non si tratta necessariamente di un crollo o di un deprezzamento costante nel lungo periodo, ma sicuramente di un fattore che gli investitori dovrebbero tenere d’occhio e considerare nelle loro decisioni di investimento». Secondo de Lint, il compito di stabilizzare il portafoglio può essere ricercato anche nella componente azionaria, ad esempio attraverso titoli di qualità e ad alto dividendo. O ancora tramite l’uso di strumenti derivati, in grado di proteggere il capitale nelle fasi di ribasso. Intanto, da diversi mesi ormai, «i flussi di capitale sono tornati a riversarsi anche in aree come i mercati emergenti, in particolare il debito sovrano in valuta forte, che rappresenta la componente meno rischiosa di quel segmento — conclude la ceo —. Mi aspetto che a un certo punto tornino flussi anche sulle azioni dei Paesi meno sviluppati».
2 agosto 2025 ( modifica il 2 agosto 2025 | 13:03)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2 agosto 2025 ( modifica il 2 agosto 2025 | 13:03)
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