Home / Scienze / Come dormire meglio e di più (soprattutto a una certa età) e cosa c’entra lo «spazzino» del cervello

Come dormire meglio e di più (soprattutto a una certa età) e cosa c’entra lo «spazzino» del cervello

//?#

Dimenticate dove avete lasciato le chiavi dell’auto, vi capita di non ricordare al primo colpo un indirizzo o un nome? Potrebbe essere colpa di un sonno di scarsa qualità, soprattutto se non siete più giovanissimi, e tuttavia la soluzione potrebbe essere semplice come fare tutti i giorni una bella passeggiata al mattino: lo dimostrano due recenti studi condotti entrambi su anziani, quindi su persone che spesso si «rassegnano» all’idea di dormire sempre meno e sempre peggio.

Non deve essere per forza così, soprattutto perché come dimostra la prima ricerca, realizzata da esperti dell’Università di Hong Kong, un sonno di scarsa qualità si associa ad alterazioni della funzionalità del sistema glinfatico, lo «spazzino» del cervello che rimuove i prodotti di scarto del metabolismo cerebrale; con un apparato di pulizia poco efficiente i «detriti» si accumulano e questo compromette pian piano la memoria.

Il sistema glinfatico

«Il peggioramento del sistema glinfatico si associa a una diminuzione delle connessioni strutturali e funzionali fra le cellule nervose, perciò può effettivamente tradursi in problemi di memoria», commenta Luigi Ferini Strambi, responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale San Raffaele di Milano. 

Anche la posizione in cui si dorme conta

«Va detto però che il sistema glinfatico funziona inevitabilmente un po’ meno con l’andare degli anni perché invecchiando diminuisce la quantità di sonno profondo, ovvero la fase in cui il sistema è “più attivo”; pure la posizione che si assume nel sonno lo influenza, perché dormendo supini il sistema glinfatico lavora peggio. È stato osservato infatti che persone con malattie neurodegenerative in fasi iniziali tendono a dormire di più sulla schiena e questo può favorire un ulteriore deterioramento delle funzioni cognitive».

Dormire 7-8 ore

Per far sì che lo spazzino cerebrale agisca al meglio e non avere grossi intoppi di memoria quindi è bene dormire su un fianco e per un numero sufficiente di ore: dopo i 65 anni la quantità di sonno necessaria per stare bene diminuisce, ma la “forchetta” adeguata resta fra 7 e 8 ore e non si deve scendere al di sotto delle cinque ore di riposo.

Sonno di qualità

Il sonno però deve essere anche di buona qualità e non solo per favorire l’attività del sistema di pulizia cerebrale perché, come aggiunge Ferini Strambi: «Non è l’unico elemento che incide sulla memoria. In chi soffre di apnee ostruttive notturne (e quindi russa e resta letteralmente senza fiato per qualche secondo, ndr) il sonno frammentato e i cali intermittenti nell’apporto di ossigeno al cervello, per esempio, hanno effetti negativi diretti sulle cellule nervose, aumentando i disturbi di memoria».

Esporsi alla luce di mattina

Mantenere una buona qualità e quantità di sonno nella terza età non è impossibile e il primo suggerimento arriva da un secondo studio, dell’Università inglese del Surrey, che ha osservato come l’esposizione alla luce al mattino aiuti a essere più attivi durante la giornata e anche a dormire meglio. Gli anziani infatti, ancora più dei giovani, devono esporsi alla luce solare per un numero di ore sufficiente per ottenere un ritmo equilibrato di alternanza giorno/notte: l’errore peggiore ma frequente è stare in casa, magari con le finestre socchiuse, durante gran parte del giorno. Invece soprattutto al mattino è bene uscire e camminare, come conferma Ferini Strambi: «Con la bella stagione del resto è anche più facile: passare più tempo all’aperto nella luce naturale aiuta a fare più attività fisica, migliora l’umore e favorisce il riposo notturno. L’esposizione alla luce deve essere abbondante di giorno, ma del tutto assente di notte: anche una piccola fonte luminosa in camera disturba il sonno e per esempio interferisce con l’inibizione notturna della produzione dell’ormone dello stress, il cortisolo, con il risultato di aumentare anche il rischio di ipertensione e diabete».

Le altre regole da seguire

Oltre al movimento e a una buona esposizione alla luce diurna quali altre regole occorre seguire per dormire bene pure da anziani? «Avere sempre gli stessi orari e seguire le norme per una corretta igiene del sonno, che sono spesso banalizzate ma sono il primo passo per affrontare anche un disturbo del sonno», risponde l’esperto. 

Tutti dovremmo conoscerle: non assumere caffeina o nicotina alla sera, perché stimolano i centri della veglia, ed evitare l’alcol perché favorisce i risvegli nella seconda parte della notte; mangiare sano evitando sia i digiuni sia le abbuffate serali; non esporsi agli schermi di Tv, computer o smartphone prima di andare a letto, perché la luce interferisce con la produzione della melatonina che serve a “innescare” il sonno. «In alcuni casi possono essere utili i farmaci: non vanno demonizzati, se sono usati bene può essere meglio prenderli che passare notti insonni, ma vanno assunti dietro consiglio del medico perché non sono tutti uguali», conclude il neurologo.

Il ruolo del materasso

Sappiamo che il sonno è indispensabile al benessere, eppure pochissimi studi indipendenti hanno indagato il ruolo dei materassi nel riposo.
Per questo di recente alcuni ricercatori statunitensi hanno realizzato il «Questionario di Boston sul gradimento del materasso», per capire come migliorare il sonno attraverso il supporto su cui ci stendiamo. L’autrice, Rebecca Robbins della Divisione dei Disturbi del sonno e del ritmo circadiano al Brigham and Women’s Hospital di Boston, ha sottoposto il questionario a un migliaio di persone scoprendo che il 35 % utilizza quelli a molle, il 30% i materassi completamente in schiuma e un altro 30% prodotti ibridi: sarebbero proprio queste due ultime categorie a risultare più gradite e confortevoli rispetto al materasso a molle. La «regola» vorrebbe che il materasso venisse cambiato ogni 5-10 anni, a seconda della tipologia di materiale di cui è composto, ma il 17% ammette di sostituirlo dopo 10 anni o più e il 40% lo fa entro i 3 anni, magari proprio perché non è quello «giusto».

In camera, le condizioni che aiutano ad addormentarsi

Anche la giusta camera da letto aiuta a dormire bene: quella ideale è non troppo calda né fredda (la temperatura dovrebbe essere 17-18°C), con finestre e porte che garantiscano un buio sufficiente e un buon isolamento dai rumori esterni. Il letto deve essere comodo, le coperte adeguate alla temperatura, le lenzuola piacevoli al tatto: tutto deve essere gradevole e rilassante. Anche per questo leggere, mangiare, guardare la televisione sono attività da non fare in camera da letto, altrimenti col passare del tempo la assoceremo inconsciamente alla veglia e non al riposo: occorre mantenere l’associazione mentale letto=sonno ed è quindi opportuno coricarsi quando ci si sente sonnolenti e non soltanto molto stanchi. Se dopo un quarto d’ora non si riesce a dormire, meglio andare in un’altra stanza e fare qualcosa di rilassante come leggere o ascoltare musica.

26 aprile 2025

26 aprile 2025

Fonte Originale