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Codice influencer Agcom: regole, sanzioni e impatti economici. Cosa cambia per i content creator?

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Dal mese scorso, l’Italia ha il suo primo Codice di condotta per gli influencer. Approvato dall’Agcom, il provvedimento segna un passo decisivo nella regolamentazione dell’influencer marketing, settore cresciuto in modo esponenziale negli ultimi anni, ma finora rimasto in gran parte privo di regole chiare. Un’industria giovane, dinamica, capace di spostare opinioni e consumi, che ora si trova per la prima volta ad affrontare un cambio di paradigma: da creatori di contenuti liberi da vincoli, a professionisti sottoposti a una cornice normativa strutturata.

Il Codice si rivolge a quei creator definiti “rilevanti”. «Si tratta di coloro che raggiungono almeno 500 mila follower su una piattaforma o totalizzano oltre un milione di visualizzazioni mensili», spiega a Corriere l’avvocata Nicole Monte, salary partner di 42 Law Firm ed esperta in diritto delle nuove tecnologie. «Una platea tutt’altro che ristretta. Secondo i dati elaborati da Inflead, piattaforma italiana specializzata in influencer marketing, in Italia si contano 1.473 profili con più di mezzo milione di follower, e ben 1.148 di questi hanno già realizzato contenuti promozionali per conto di brand». Nella classifica degli influencer italiani stilata sempre da Inflead, sul podio ci sono la podcaster Elisa True Crime, il divulgatore scientifico Barbascura e il windsurfista e divulgatore Fabio Calò.

Avvocata Monte, a questi profili si richiede ora di rispettare regole precise. Quali? 
«Garantire trasparenza nelle comunicazioni commerciali, evitare la diffusione di contenuti discriminatori, tutelare i minori, rispettare il diritto d’autore, e, soprattutto, farsi carico di una nuova forma di responsabilità editoriale. In sostanza, per la prima volta l’influencer viene equiparato – almeno in parte – a un editore».

Cosa pensa di questo accostamento?
Il tema è delicato. Da un lato è sicuramente importante normare per contrastare le fake news, dato che il rischio che un influencer, ingenuamente o no, diventi cassa di risonanza di disinformazione è reale. Quando si raggiungono mezzo milione di follower è giusto che l’Autorità se ne preoccupi, imponendo una responsabilità sui contenuti. Dall’altro lato, però, bisogna considerare che la responsabilità editoriale è responsabilità civile. Se un influencer sponsorizza un prodotto che in seguito risulta avere qualcosa di sbagliato, con questa norma si potrebbe ipotizzare un dovere risarcitorio sulla base del compenso ricevuto. Aver inserito questa norma di soft law rende l’interpretazione giuridica più complicata.

Tra l’altro, chi sgarra è soggetto a sanzioni sono davvero pesanti…
Sì, sono tutt’altro che simboliche. Si parte da multe dal valore di 250 mila euro, per arrivare, in caso di violazioni legate alla tutela dei minori, a sanzioni di 600 mila euro.

È d’accordo sulla soglia dei 500 mila follower?
Sono d’accordo su fatto che serva una distinzione tra chi ha poco seguito e chi invece raggiunge una massa consistente di persone. La soglia è frutto di un lungo tavolo tecnico con stakeholder del settore, ma  come sempre le soglie possono risultare arbitrarie. Se hai 499 mila follower, sei esentato solo perché non raggiungi le mille persone stabilite con la soglia?

Come impatterà questa normativa sulla sostenibilità economica e giuridica dell’attività di creator? 
Innanzitutto, molti creator sentiranno la necessità di rivolgersi a commercialisti o avvocati specializzati per adeguarsi alla normativa e, soprattutto, per farsi aiutare a iscriversi all’elenco obbligatorio previsto dall’Agcom. Tutto questo comporta costi professionali e tempo dedicato alla gestione legale. Oltre, dunque, i principali oneri professionali e le tasse dirette, anche il tempo speso in «compliance» può costituire una voce rilevante nel budget annuale. Poi, serviranno anche delle assicurazioni per coprire la responsabilità editoriale.

Quali altre criticità normative ha individuato nel Codice? 
Manca un richiamo esplicito al Digital Services Act, il regolamento dell’Unione Europea che mira a modernizzare e ampliare la normativa sui servizi digitali, e all’AI Act, che stabilisce regole armonizzate per lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Già questi due regolamenti impongono obblighi di trasparenza anche per gli influencer virtuali. Al momento il Codice non li menziona, ma è un gap da colmare per il futuro.

Ci sono anche aspetti positivi…
Certo. La tutela dei minori e il contrasto all’odio online emergono come elementi di valore, soprattutto se consideriamo che molti creator non sono consapevoli dell’effetto che certi loro contenuti possono avere sui follower.

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6 agosto 2025

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