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Cina, gli 8 editoriali (di un autore inesistente) che spiegano i piani di Xi su Usa ed economia: cosa c’è nei «messaggi in codice»

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Otto editoriali di seguito sono stati pubblicati dal «Quotidiano del Popolo» di Pechino tra il 30 settembre e il 7 ottobre con l’intestazione «Una monografia speciale sull’economia della Cina sotto la guida di Xi Jinping»

La serie illustra la traiettoria dello sviluppo della Repubblica popolare, esaltando «l’innovazione tecnologica per una crescita di alta qualità»: si tratta dello slogan preferito dei pianificatori comunisti ora che il Pil non corre più come negli anni del «miracolo» che aveva fatto della Cina la «fabbrica del mondo». Gli articoli del giornale-megafono del Partito-Stato sostengono che «credere nella Cina significa credere nel futuro».
 
Tutti gli editoriali sono usciti a pagina 2, riservata agli interventi di peso. E portano la firma di Zhong Caiwen. Che però non è un famoso esperto di politiche economiche, ma uno pseudonimo che nasconde i veri autori: le teste d’uovo del Dipartimento propaganda e della Commissione finanziaria ed economica centrale. 

I caratteri mandarini che si leggono Zhong Caiwen, infatti, sono omofoni del nome abbreviato della suddetta commissione.

Il gioco degli pseudonimi è un classico del sistema comunicativo cinese. Il «Quotidiano del Popolo» riceve spesso interventi di «autorevoli personaggi» che diffondono sotto un «nom de plume» le direttive del potere. Zhong, per esempio, era stato schierato già l’anno scorso per contestare le accuse occidentali sull’eccesso di produzione cinese nel campo delle vetture elettriche (che invadono i mercati europei destabilizzando la nostra industria automobilistica).

Gli otto editoriali di Zhong Caiwen sono usciti sia in mandarino sia in inglese. E questo dimostra che il Partito comunista voleva mandare dei messaggi a mezzo stampa a Washington e agli europei.
 
Il momento è delicato. Xi Jinping e Donald Trump, nella telefonata del 19 settembre, si erano promessi un incontro distensivo a fine ottobre in campo neutro a Seul, dove si terrà il vertice internazionale Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation). Ma negli ultimi giorni i rapporti tra le due superpotenze si sono nuovamente incattiviti. La Cina ha risfoderato l’arma delle terre rare, minacciando di limitarne drasticamente la vendita agli Stati Uniti. Il presidente americano ha ricambiato prospettando dazi al 100 per cento sui prodotti cinesi a partire dall’1 novembre (in mancanza di una nuova tregua). È tornata di attualità la parola «disaccoppiamento» dei due sistemi economici (evocata dal segretario al Tesoro Usa Scott Bessent). 

Il faccia a faccia in Sud Corea potrebbe raffreddare la situazione, sempre che si faccia. Per ora, entrambe le parti si accusano di giocare con carte truccate.
Alcuni politologi americani pensano che Xi abbia deciso di giocare duro per due motivi:

1) È convinto che Trump non vorrà rischiare di far affondare la Borsa di Wall Street (come era successo ad aprile quando aveva lanciato la guerra dei dazi) e che quindi sia il momento giusto per ottenere concessioni vantaggiose per la Cina (sul fronte commerciale e su quello di Taiwan);

2) il leader supremo cinese ha bisogno di mostrarsi forte di fronte al vertice del Partito perché lunedì 20 ottobre a Pechino si riunisce il Quarto Plenum del Comitato centrale comunista. Nei quattro giorni di conclave a porte chiuse, poche centinaia dirigenti discuteranno anzitutto del nuovo Piano quinquennale che guiderà economia e società della Cina tra il 2026 e il 2030. Sarà il quindicesimo Piano quinquennale della Repubblica popolare e com’è prassi detterà gli obiettivi per crescita economica, modernizzazione industriale, innovazione tecnologica, protezione dell’ambiente, sicurezza nazionale, benessere delle masse.
 
I contenuti di attuazione non saranno rivelati al termine dei lavori, ma accortamente disseminati al momento più opportuno nei prossimi mesi.
Però, servono dei segnali. 

Ed ecco che l’editorialista (immaginario) Zhong Caiwen spiega nei suoi otto interventi le aspettative del prossimo quinquennio. I lettori mandarini sono stati rassicurati sulle priorità del governo centrale «sotto la guida del Pensiero economico di Xi Jinping»: accelerare l’integrazione tra popolazione urbana (più ricca) e masse rurali; transizione verde per sanare i disastri ambientali causati dalla vecchia industria statale; prosperità condivisa.

Gli analisti di lingua inglese hanno potuto notare che sotto lo pseudonimo, che non compromette alcun potente dignitario ma indica la linea condivisa, il Partito cinese ammette che «la domanda interna di beni è ancora debole» e ci sono pressioni deflazionarie. Questa dichiarazione rivela la strategia di Pechino: continuare a spedire in Occidente (almeno in Europa) l’eccesso di produzione, giocando sui prezzi.

 Il futuro però è roseo, assicura la serie pubblicata dal «Quotidiano del Popolo» e invita il mondo a «credere nelle opportunità insite nello sviluppo e nella modernizzazione della Cina». 

Ultimo segnale in codice agli americani: non bisogna diffondere e dar credito alle «strane teorie» su una Cina in crisi, perché la Repubblica popolare «è un oceano, non uno stagno» e quindi le burrasche non lo stravolgono. Quest’ultima è una delle frasi preferite di Xi per propagandare la resilienza del suo Paese e dice molto su chi ha ispirato l’editorialista senza volto.

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16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 14:55)

16 ottobre 2025 ( modifica il 16 ottobre 2025 | 14:55)

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