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Chung sul podio e la Filarmonica: alla Scala in scena la gioia di fare musica

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La lunga, lusinghiera tournée della Filarmonica della Scala in Oriente – Corea del Sud e Giappone – riporta a Milano una orchestra diversa da quella degli ultimi mesi, appesantita dalle produzioni d’opera.

Sembra la formazione che è sempre stata in potenza ma che ha finalmente ritrovato e comunicato l’orgoglio di appartenenza, che fa musica con la gioia di farla, ordinata ma anche davvero libera di esprimersi.

Il messaggio arriva chiarissimo fin dalle prime battute del Concerto n.2 di Rachmaninov, quello in do minore, che apre la serata, terz’ultimo appuntamento della stagione ’25 della Filarmonica appunto.

Vi sono complici la freschezza e la naturalezza del giovane solista giapponese Mao Fujita, musicista vero che non si fa notare per altro che l’educazione con cui affronta i passi, dal più cantabile al più virtuosistico, della celebre composizione: niente «spettacolo», niente esibizionismo, invece molta sostanza.

Il pezzo è diretto con disarmante facilità da un Myung Whun Chung ispirato. Ma il meglio arriva poi con una Patetica di Cajkovskij che resterà per sempre nella memoria di chi l’ha ascoltata.

Il suono è stupendo nella sua profondità a tutto arco ma è così sgranato che si nota ogni dettaglio del disegno. Il segreto è in un fraseggio libero dai vincoli metronomici, che schiude la musicalità di ogni frase in un insieme esaltante, dove i conti dell’originalissima forma cajkovskiana comunque alla fine tornano.

Il lungo silenzio (compensa gli applausi «sbagliati» al termine di un rapinoso Allegro molto vivace) è eloquente. Dice, molto più dei pur fragorosi applausi, quanto fosse alta la partecipazione emotiva del pubblico, anch’esso da tempo mai diventato così parte del rito musicale. Aria nuova, insomma alla Scala. La speranza è che perduri.

13 ottobre 2025

13 ottobre 2025

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