
«Proust ha una sensibilità speciale — un’ipersensibilità — per il movimento, per il mondo che cambia ma rimane fedele attraverso la memoria. In questa pièce, Pauline, tu evochi meravigliosamente la Parigi della Belle Époque, la Parigi proustiana nella quale l’autore della Recherche ed Emile Hermès erano contemporanei, parlavano in un certo senso la stessa lingua poetica. Ma, allo stesso tempo, è la Parigi di sempre: di oggi e di domani». «Sì, proprio all’inizio dello spettacolo c’è la neve che cade: un’immagine poetica, allegorica, il legame di Hermès con il tempo che fugge. C’è l’eco di quei versi di François Villon: “Ma dove sono le nevi d’un tempo?”. Un’alchimia. Una passeggiata nel tempo e nello spazio. Non vedo l’ora di partire per questo viaggio». Il dialogo tra Menehould de Bazelaire, direttrice del patrimonio culturale di Hermès, e la regista Pauline Bayle, direttrice del Théâtre Public de Montreuil, racconta l’idea dietro la pièce Hermèstories che da giovedì 11 a domenica 21 settembre al Teatro Franco Parenti di Milano metterà in scena la storia della maison fondata nel 1837 a Parigi da Thierry Hermès.
L’approccio di Bayle a quella storia unica — il laboratorio di finimenti in rue Basse-du-Rempart che, mantenendo la cifra artigianale, diventa un colosso globale del lusso — è serenamente surrealista: «Chi vive di creatività, chi ogni giorno immagina la creazione di qualcosa di bello, resta per definizione per sempre giovane — continua Bayle —. E per questo prenderanno vita, in scena, gli oggetti. Quando creiamo, siamo sempre giovani. C’è sempre qualcosa da creare. Non c’è noia, non c’è ripetizione quando si immagina. Il mondo si muove, e noi con lui. «La creazione senza memoria non esiste, ripeteva spesso mio padre: e Hermèstories — dice Pierre-Alexis Dumas, direttore artistico della maison — ne è l’allegra messa in scena. Per noi, tutti gli oggetti parlano. Sono i testimoni di una lunga storia fatta di pazienza, ispirazione, e della precisione delle mani degli artigiani».
Hermèstories è la storia di uno scudiero di nome Lad, la figura equestre della casa, che sarà interpretato da una giovane attrice: Lad è il simbolo della vivacità, del rinnovamento continuo, protagonista dei racconti della voce narrante della pièce. È il flâneur che passeggia senza meta nei paraggi di rue du Faubourg-Saint- Honoré in un tardo pomeriggio parigino.
I riferimenti di Pauline Bayle sono chiari: l’intertestualità degli Exercices de style di Raymond Queneau (che in italiano furono tradotti, per Einaudi, da Umberto Eco) con i suoi vertiginosi giochi di parole, gli scherzi e le canzoni; le Lezioni americane di Italo Calvino («Ogni vita è un’enciclopedia, una biblioteca, un inventario di oggetti, un campionario di stili, dove tutto può essere continuamente rimescolato e riordinato in tutti i modi possibili») sulle quali Menehould de Bazelaire dice semplicemente che «la leggerezza è tutto: appena si manifesta la pesantezza l’eleganza scompare. Appena è pesante, appena è enfatizzata, appena vediamo grandi loghi, appena vogliamo metterla in mostra, l’eleganza svanisce. È una delle ricerche di Hermès: la leggerezza».
La regista s’è divertita a animare i sedici métier della maison attraverso gli oggetti-feticcio del marchio: un bastone-ombrello che magicamente ripara dalla neve, un carré gigante che permette di librarsi nello spazio, l’altalena, le borse Kelly e Birkin, la seta dei carré che richiamano le divise dei fantini alle corse dei cavalli. Il secondo atto? Dopo la pièce, gli spettatori esploreranno l’installazione nel foyer, come fossero all’interno di un deposito per scenografie teatrali.
«Pierre-Alexis e Axel Dumas, oggi, incarnano la sesta generazione della famiglia. Ebbene, la caratteristica di una famiglia è avere una memoria. È molto più di un’eredità. È molto più di un museo o di una serra. Preserviamo le tracce materiali del passato. La memoria è ciò che si trasmette, si trasforma, e ciò che ci fa andare avanti e crescere. Non partiamo da soli con destinazione il futuro. Partiamo — continua Menehould de Bazelaire — con il ricordo vivido, caloroso e intimo di coloro che ci hanno preceduto. C’è Émile Hermès, collezionista straordinario, ponte tra Ottocento e Novecento; immaginiamo Annie Baumel che per tanti anni ha curato le vetrine ma dietro di lei ci sono tutti gli altri vetrinisti che le sono succeduti; pensiamo a quello che ha creato Leila Menchari, e oggi Antoine Platteau.
Nessun personaggio, di quelli che hanno scritto la storia di Hermès, è una statua: in Hermèstories non c’è nulla di museale. Ogni personaggio sfila con leggerezza, un po’ come nel mondo di Proust. Una danza, una coreografia. Hermès non ha una definizione perché non abbiamo la pretesa di definire noi stessi ma di vivere una storia che continua».
Due rappresentazioni al giorno. E poi una sorpresa
L’appuntamento è per giovedì 11 settembre. E poi, tutti i giorni (tranne il lunedì) fino a domenica 21. Due spettacoli al giorno: uno alle ore 18, il secondo alle 21. Il luogo: uno dei più amati a Milano, il Teatro Franco Parenti (in via Pier Lombardo, 14). Ingresso libero su prenotazione sul sito:
hermes.com/stories. La maison francese fondata nel 1837 a Parigi da Thierry Hermès racconterà la propria storia attraverso la pièce «Hermèstories». Un affascinante percorso fatto di idee, creatività, coraggio. Dalla sua nascita a oggi, Hermès è rimasta fedele al suo modello artigianale e ai suoi valori, senza rinunciare allo spirito di innovazione che la contraddistingue da quasi 190 anni. Regista della pièce, è la francese Pauline Bayle, (attuale direttrice del Théatre Public de Montreuil). Ma ovviamente dietro il risultato finale c’è il lavoro scrupoloso e appassionato di tutta la maison. Dopo la pièce, una sorpresa. Come un secondo atto, gli spettatori potranno scoprire e visitare l’esposizione nel foyer, come fossero all’interno di un deposito per scenografie teatrali.
4 settembre 2025 (modifica il 4 settembre 2025 | 11:59)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4 settembre 2025 (modifica il 4 settembre 2025 | 11:59)
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