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Che cosa c’è dietro l’«età dell’oro» promessa da Trump? Il piano economico dietro la pace di Gaza

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Da buon uomo d’affari, Donald Trump, dietro la gigioneria, l’equilibrismo perenne tra il serio e il faceto, la battuta in apparenza casuale, ha posto nel suo storico viaggio in Medio Oriente un’alternativa che sulla carta pare irrinunciabile: meglio la guerra o lo sviluppo economico? Dietro ogni sfumatura, minaccia, lusinga, riferimento, in particolare nel suo discorso alla Knesset, c’era sempre un riferimento a quanto tutto nelle prospettive per la regione sia legato al doppio filo della finanza, dell’investimento, della ricchezza. 

La promessa di «un’età dell’oro» per il Medio Oriente non è solo retorica a effetto o a buon mercato. Da una parte ci sono la tecnologia, il know-how e l’imprenditoria di Israele – dice di fatto il Presidente – dall’altra ci sono le risorse finanziarie dei paesi del Golfo per sfruttarle. Un progetto che dunque guarda ben oltre Gaza. Guarda piuttosto a quella fase chiave per lo sviluppo economico di Paesi arabi ricchi che vogliono investire nella loro economia, nelle loro infrastrutture, nelle loro aziende, invertendo quel flusso che li vede soprattutto come investitori all’estero. Il passaggio, nella scommessa complessiva dei protagonisti di questo storico accordo, è diventare magneti anche per investimenti stranieri nella regione.

Che si trattasse di una combinazione vincente lo si diceva dai tempi degli accordi di Abramo. Da allora però, ci troviamo già molto più in avanti rispetto alla percezione comune: l’intreccio tra israeliani e le loro tecnologie creative e le inesauribili risorse finanziarie alla continua ricerca di investimenti produttivi soprattutto nei paesi del Golfo è già fortissimo. 

Con le nazioni che hanno già firmato gli accordi di Abramo, come gli Emirati Arabi, ma anche tra quelli che devono ancora firmare, come l’Arabia Saudita l’interesse ad ampliarlo è forte. E anche se Riad ha avuto qualche problema di budget, stiamo comunque parlando di cifre perfettamente digeribili. «Per loro investire nella ricostruzione è una virgola della loro risorse», ha detto infatti il presidente americano. Col suo fare che pare sempre un po’ improvvisato Trump ha dunque già messo sul tavolo l’enorme progetto regionale e quello per la ricostruzione di Gaza, con la supervisione egiziana e la possibilità per tutti – Italia inclusa, rappresentata dalla premier Giorgia Meloni – di partecipare.

E forse non è un caso se il «gruppo per la pace» che dovrà gestire la ricostruzione e la tregua, Trump lo ha chiamato «board», «Peace board» termine piu’ simile a un «consiglio di amministrazione» che a un «consiglio di pace» politico. E non è un caso che l’intero gruppo di Paesi arabi abbia aderito con entusiasmo al piano di pace di Trump: hanno già perso tre anni in quel che doveva essere un progetto di crescita virtuale, non potevano permettersi di perderne altri per la follia dell’attacco del 7 ottobre dei terroristi di Hamas manovrati dall’Iran il cui grande obiettivo parallelo alla destabilizzazione politica era quello di rallentare l’avanzata economica del «nemico» saudita.

Nel suo storico viaggio in Medio Oriente il presidente ci ha dato anche qualche notizia: la sua amica Miriam Adelson, vedova del leggendario Sheldon, fondatore della Sands Corp, una catena di alberghi e casinò che domina soprattutto a Las Vegas, era al Parlamento israeliano. È vicina a Gerusalemme, ha 80 anni ma ne dimostrava 50 e Trump l’ha menzionata. La notizia? Il presidente americano ha detto che il patrimonio della signora è pari a 60 miliardi. «Anzi – avete sentito? Dice anche di più!» ridacchiava Trump. In altri tempi e per altri statisti, sarebbe stato impensabile fare i conti in tasca alle persone in un discorso di respiro storico, ospiti di un Parlamento straniero, alla fine di una guerra e nella solennità per la liberazione di ostaggi. Generalmente dominavano citazioni e riferimenti a valori e tradizioni comuni. 

Trump ha in effetti citato Abramo, Isacco e Giacobbe, padri comuni del monoteismo, ma ci ha anche detto che la signora Adelson vale molto più dei 40,5 miliardi di dollari stimati lo scorso agosto e che dunque si trova molto più in alto del 48esimo posto fra i più ricchi del mondo, forse più vicina al 21esimo posto. Per lei investire in un complesso alberghiero a Gaza e contribuire a rilanciare l’economia locale (chissà perché poi l’idea di un rilancio turistico di Gaza è stata accolta come un volgare insulto) sarebbe un gioco da ragazzi. 

Ma Trump è andato oltre nelle sue rivelazioni economiche: ci ha dato notizia, di aver già ordinato 28 nuovi bombardieri B2. «Più avanzati di quelli che hanno condotto la missione contro gli impianti per l’arricchimento dell’uranio in Iran». E visto che ognuno di quei bombardieri costa 2,1 miliardi di dollari ha dato nei fatti notizia di un investimento pari a 60 miliardi di dollari per il Pentagono di cui il grande pubblico non sapeva nulla. Cosa che deve aver fatto scattare non pochi campanelli d’allarme a Mosca. 

Sempre casualmente ha messo l’Iran davanti a un’ alternativa: cosa preferisce Teheran, la guerra o essere parte di questo nuovo ciclo virtuoso che prevede pace, prosperità e sviluppo economico marcato, aggressivo e rapido? «Se vogliono sopravvivere» è meglio che ascoltino, ha aggiunto come «incentivo» esplicito il Presidente. Questo ottimismo economico poggia su un presupposto: che la pace avanzi secondo le dinamiche previste dagli accordi preliminari annunciati da Trump. Molti analisti politici hanno espresso dubbi, si tratterà di capire se davvero Hamas rinuncerà alle armi e, in caso contrario, se Israele tornerà ad attaccare. 

L’equazione sviluppo economico=pace, enunciata da Trump, è, tuttavia, come abbiamo visto, già in stato avanzato. Le pressioni perché si rafforzi sono diffuse. Non dimentichiamole, perché queste pressioni saranno un elemento in più da aggiungersi a quelle militari e politiche per capire se davvero le promesse, l’ottimismo, la gioia che tutti abbiamo condiviso ieri potrà contare sulle solide fondamenta che ci ha promesso il presidente americano.

14 ottobre 2025

14 ottobre 2025

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