
Dopo le cessioni di Marelli, Comau e Fiat Auto, adesso se ne va anche Iveco, l’ultima grande azienda automotive di Torino. La nostra industria è stata venduta a pezzi a gruppi esteri. E così, come effetto domino, anche l’indotto: da Officine Vica ad Italdesign. Eppure la politica resta silente, come fosse un dato di fatto». Federico Bellono, segretario della Cgil di Torino, è reduce dalle riunioni promosse dal sindaco di Torino Stefano Lo Russo per coinvolgere tanti attori e firmare un «patto per il lavoro» in città. «Iniziativa non so quanto utile se parliamo di startup, turismo e non proteggiamo l’industria. Così non andiamo lontano. Ha ragione l’ex ad di Iveco Giorgio Garuzzo: senza le fabbriche produrremo solo povero e precario».
Federico Bellono, Cirio e Lo Russo hanno chiesto garanzie a tutela dell’occupazione ai nuovi azionisti indiani di Iveco. Non le basta?
«Il silenzio della politica è assordante. Tata Motors compra Iveco ma in realtà non sappiamo nulla di quello che succederà. E non lo sappiamo perché nessuno ha chiesto niente. Va da sé che monitoreremo l’occupazione. Ma qui è in gioco un territorio che da capitale dell’industria rischia di finire ai margini dell’economia nazionale».
Cosa dovrebbe fare la politica? Impedire le aggregazioni?
«Non credo ne abbia il potere. Ma voglio ricordare i toni accesi del governo sui piani Stellantis per l’Italia. Adesso Exor vende Iveco, che impiega 6 mila addetti solo a Torino, e nessuno dice niente».
Che cosa significa secondo lei?
«Una parte della nostra classe dirigente dà per assodato che l’industria è al tramonto. Allora si pensa ad altro».
Su questo giornale l’ex ad di Iveco Garuzzo ha ammonito: «Senza grande industria avremo solo lavoro povero». Ha ragione?
«Mi stupisco che ancora ci sia questo dibattito. Il turismo produce lavoro ma si tratta di occupazione meno ricca e meno stabile. Di certo non può sostituire l’industria. E in tema industriale aggiungo: l’aerospazio non può sostituire l’auto».
Invece le istituzioni sostengono le filiere dei chip e dell’aerospace. Fanno male?
«Tutt’altro. Ma non sono sostitutive. Ci si dimentica che accanto alle grandi aziende dell’auto ci sono filiere da cui dipendono migliaia di lavoratori. Non possiamo fare spallucce se le proprietà diventano indiane e cinesi. Tanto più che sul produttore di auto cinesi che il governo aveva promesso è calata una nebbia profonda».
Perché tante cessioni di aziende industriali in questa stagione?
«Exor vende. L’indotto si adegua. Ma i contraccolpi sono terribili. Nel migliore dei casi finiremo marginalizzati. Non mi pare un futuro roseo per la città né per il Paese».
Ancora Garuzzo propone un ruolo più attivo del sindacato all’interno delle aziende, anche con rappresentanti in cda. Cosa ne pensa?
«Credo non sia la soluzione per tutti i mali. Sono dell’avviso che il ruolo del sindacato sia diverso perché deve pensare alla tutela dei lavoratori e non ai profitti degli azionisti».
Quindi come se ne esce?
«Serve maggiore impegno del pubblico. Il sindaco Lo Russo spesso dice che l’unica leva che ha su Fiat è il piano regolatore. A me non pare poca cosa. Cominciamo da lì. Cominciamo da azioni concreto. Serve un patto per salvare la nostra industria con misure mirate e possibilmente efficaci».
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3 agosto 2025
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