
Il suo sogno è quello di una campagna nella quale lupi e pecore possano vivere insieme, con le reciproche caratteristiche, predatori i primi, potenziali prede le seconde ma entrambe le specie nel rispetto e nell’equilibrio della natura.
Chi è Caterina Blasi la «pastora»
È per questa sua aspirazione che Caterina Blasi, 30 anni a breve, aretina, laurea breve in scienze faunistiche in attesa della magistrale di cui sta frequentando le lezioni, affascinata dai lupi fin dall’infanzia, ha fatto il grande passo, ossia iscriversi alla Scuola per pastori del Parco Nazionale del Casentino, un corso che da tre anni a questa parte non cessa mai di fare rumore mediatico, con giovani di tutte le condizioni sociali e con qualsiasi titolo di studio che provano a imparare questo mestiere a stretto contatto con l’ambiente.
Da «pastora» appunto, ossia dall’altro lato della barricata rispetto ai suoi amati lupi, spera di salvare loro e nello stesso tempo di proteggere le pecore. Una contraddizione, anche alla luce del celebre proverbio «chi pecora si fa il lupo se lo mangia», che sembrerebbe indicare un irriducibile conflitto fra le due razze? Caterina è convinta di no: «La natura è grande e c’è spazio per tutti. Certo i lupi sono lupi e chi guarda le pecore deve difenderle, ma si può arrivare a forme di protezione che non siano dannose né per gli uni né per le altre».
«Quanti danni ha fatto la favola di Cappuccetto Rosso»
Ma com’è che una ragazza di città (Caterina vive in un popoloso quartiere aretino) si appassiona tanto a una specie che atavicamente suscita sentimenti di paura, vedi la favola di Cappuccetto Rosso? «Non l’avesse mai scritta, Charles Perrault… Quanti danni ha fatto nel rapporto uomo-lupo».
Con la giovane studentessa, che da tempo collabora con la Regione e la Provincia sui suoi animali preferiti e che adesso ha un rapporto retribuito con Difesaattiva, la fiaba però non ha atto effetto: «Io sono cresciuta in mezzo agli animali, grazie anche a dei parenti che vivono in campagna. Il mio primo amico, a due anni, è stato un cane. E da lì è nato il resto. Credo che i soliti racconti degli adulti con i bambini, quelli in cui mi dicevano che se non facevo la buona i lupi sarebbero venuti a mangiarmi, con me abbiano avuto il risultato contrario».
Il suo primo incontro con un lupo
La vera scintilla, tuttavia, è stato il primo incontro con un lupo vero, sull’Alpe di Poti, la montagna che sovrasta Arezzo: «All’inizio mi pareva un cane, poi sono rimasta stregata da quegli occhi ambrati, si è stabilito una specie di rapporto magnetico che dura ancora. Di questi animali selvatici mi affascina il senso della comunità, che vivano in branchi simili alle famiglie, con un aiuto reciproco che la razza umana si è dimenticata».
Certo, Caterina e i lupi per tanti versi non potrebbero essere più diversi: loro carnivori, lei vegetariana anche se non vegana. Il formaggio prodotto dalle pecore, insomma, la giovane lo mangia ed è questo che forse la avvicina al mestiere del pastore che, dice, in futuro potrebbe davvero diventare il suo. Ma non si sente di sprecare una laurea in un lavoro così umile, così lontano dall’aspirazione di tanti suoi coetanei e magari anche poco redditizio in relazione al titolo di studio? «L’importante è fare quello che piace, quello che uno si sente di fare. Dei soldi non me ne importa niente».
Il suo modo di intendere la pastorizia
A Caterina, poi, piace un modo particolare di pastorizia: «Quella estensiva, dei piccoli allevamenti, immersi nell’ambiente circostante, non gli intensivi con gli animali stipati l’uno sull’altro». I pastori, ammette, devono difendersi dalle incursioni dei lupi, ma «bastano le reti e i cani, un modo di proteggersi che è sempre esistito nel corso dei secoli».
Il retaggio del passato, quindi, come un ritorno al futuro: «Le professioni di domani, tra cui credo ci saranno inevitabilmente anche quelle legate alla natura come la pastorizia e l’agricoltura, hanno bisogno di persone preparate che conoscano profondamente le diverse dinamiche oltre che le procedure. Il ritorno alle origini secondo me ha bisogno di tanta scienza oltre che di una nuova e rinnovata coscienza capace di guardare a certi ambiti non come mondi contrapposti, ma come a mondi che è possibile riconciliare in maniera perfetta». Il contrario del titolo di un celebre film di Paolo Virzì: Caterina non va in città, preferisce la campagna dell’equilibrio fra lupi e pecore.
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21 aprile 2025 ( modifica il 22 aprile 2025 | 18:29)
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