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Caso Bugetti a Prato, l’M5S è pronto a sfilarsi dalla giunta. FdI: «La sindaca ha nascosto l’assunzione»

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«Se dovessero emergere elementi incompatibili con il nostro sostegno alla giunta non esiteremo ad agire di conseguenza». La prima crepa nella maggioranza del campo largo a Prato la apre il Movimento Cinque Stelle. A mettere le mani avanti sull’interrogatorio che giovedì a Firenze vedrà coinvolta la sindaca di Prato Ilaria Bugetti (Pd), accusata di corruzione, è la coordinatrice regionale dei contiani Irene Galletti. 

Sulla sindaca dem pende infatti la richiesta di arresti domiciliari, punto su cui proprio quel giorno dovrà decidere il gip. Il M5S non attacca, ma comincia a giocare pesantemente in difesa. Precisa infatti che il sostegno all’esperimento del campo largo — Prato è l’unica amministrazione nei capoluoghi toscani in cui al governo della città siedono sia Pd che M5s — non è da dare per scontato: un segnale importante anche nel cantiere di coalizione per le prossime Regionali. 

L’avviso è chiaro. Il Movimento, a Prato, non è pronto ad andare avanti ad ogni costo, come invece sembra esser determinata a fare la sindaca. Che vuole dimostrare di non essere affatto «un arnese» nelle mani dell’imprenditore Riccardo Matteini Bresci.

Sabato mattina Bugetti era all’inaugurazione di un nuovo magazzino della Protezione civile, dove ha deciso di non parlare dell’inchiesta. C’era da aspettarsi l’imbarazzo palpabile, riscontrato in tutti i politici di centrosinistra — tantissimi — presenti. Linea del silenzio anche per l’assessora Chiara Bartalini (M5S), la quale ha voluto attendere che il suo partito si esprimesse «ai livelli più alti». Poche ore dopo Galletti ha lanciato l’avvertimento. 

Non hanno voluto commentare la vicenda politica nemmeno gli assessori e i politici dem — tra loro anche l’ex sindaco Matteo Biffoni — per «la delicatezza del momento». Tutti si chiedono «cosa potrebbe accadere ora», ma non sembra ci sia qualcuno che abbia una strategia chiara in mente. In sala c’è anche l’assessora regionale all’Ambiente Monia Monni (Pd). «La sindaca e amica Ilaria saprà chiarire tutto, ne sono certa. Mi auguro lo possa fare in tempi brevi, confido anche io nel buon lavoro dei magistrati», dice. Monni precisa che per suo conto non ci sarebbe alcuna utilità che l’imprenditore Riccardo Matteini Bresci — indicato dai pm come il corruttore di Bugetti — avrebbe ricevuto rispetto al sistema di depurazione del suo impianto di Cantagallo (Prato). «C’è un accordo di programma molto datato tra Regione, associazioni industriali e Comune per intervenire e migliorare il sistema di depurazione del distretto tessile. Noi ci muoviamo e ci siamo mossi solo nell’ambito e nell’alveo di quell’accordo», ha detto Monni. «Molto datato» significa precedente alle responsabilità di governo di Monni, dunque fuori dallo schema che i pm ipotizzano per addebitare a Bugetti un intervento decisivo nei confronti del corruttore.

Cresce invece nel centrodestra il livello di attacco. 

A guidare il fronte è la deputata di FdI Chiara Laporta che mette una luce sul rapporto di lavoro che Bugetti ha avuto dal 2016 al 2024 con una società legata al gruppo Colle, di cui era patron Matteini Bresci. «Un rapporto di lavoro, del quale ad oggi è ancora da appurare la natura, anche sul fronte contributivo, che non compare in ben tre curricula depositati dall’attuale primo cittadino nel 2015 e nel 2020 per le elezioni regionali e nel 2024, per la candidatura a sindaco di Prato e per il quale dichiarava di ricevere uno stipendio mensile. Quel lavoro non risulta mai indicato, pur non essendo Bugetti in aspettativa, che si affretterà invece a chiedere solo dopo i solleciti di FdI al presidente del Consiglio regionale Antonio Mazzeo nel giugno del 2024. Confidiamo che la giustizia faccia chiarezza». 


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15 giugno 2025 ( modifica il 15 giugno 2025 | 08:00)

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