
Nel primo pomeriggio di domenica 19 gennaio, quando scrisse al capo di Gabinetto Giusi Bartolozzi per comunicarle le proprie valutazioni sull’avvenuto fermo di Osama Najeem Almasriricercato dalla Corte penale internazionale, l’allora capo del Dipartimento affari di giustizia Luigi Birritteri segnalò subito l’eventualità che il ministro Carlo Nordio avrebbe dovuto compiere un «atto urgente». Senza il quale l’arresto del generale libico accusato di crimini di guerra e contro l’umanità sarebbe rimasto inefficace. Come poi è avvenuto.
È un altro particolare che emerge dalle comunicazioni interne tra i funzionari del ministero della Giustizia in quella domenica, dopo il blitz della Digos nell’albergo torinese dove alloggiava Almasri. Finite al centro non solo dell’indagine del Tribunale dei ministri, per la quale ieri il vertice dell’Associazione magistrati ha respinto «il goffo tentativo di sostenere che sia un’operazione per contrastare la riforma costituzionale della magistratura», ma pure della polemica politica che ha investito il ministro Nordio.
La mail con cui Bartolozzi rivelò a Birritteri, alle 15.28, di essere già a conoscenza della vicenda, raccomandando massima riservatezza, dimostrerebbe che la principale collaboratrice di Nordio (e verosimilmente il Guardasigilli) avessero già ricevuto comunicazioni o sollecitazioni abbastanza precise su Almasri. Forse più della «comunicazione assolutamente informale, di poche righe e priva di dati identificativi» di cui il ministro riferì in Parlamento. Anche perché è più che probabile che a quell’ora ci si fosse attivati anche in altri palazzi del governo.
La riprova che invece al Guardasigilli fossero giunte solo informazioni scarne e del tutto generiche sarebbe —– per i sostenitori della correttezza del ministro e del suo braccio destro — proprio nella mail precedente, inviata alle 14.35 a Bartolozzi da Birritteri, che scrisse: «Concordo su una prima valutazione (fatti salvi i necessari approfondimenti) inerente l’irritualità della procedura che sinora non vede coinvolto il ministero della Giustizia come autorità centrale competente. Domani faremo le nostre valutazioni, sulla base della documentazione che ci verrà eventualmente trasmessa».
Questa sarebbe la dimostrazione che a Nordio, la domenica pomeriggio, non era arrivato nulla che lo mettesse in condizione di decidere alcunché. Ma a parte che a quell’ora il magistrato di collegamento con l’Olanda aveva già trasmesso il mandato d’arresto della Corte dell’Aia attraverso il ministero degli Esteri sulla piattaforma dedicata (che però la capo di Gabinetto sostiene di aver aperto solo l’indomani), il problema resta quello che sarebbe dovuto accadere il giorno dopo. E che non è accaduto.
Nel seguito della mail il capo del Dag precisò di rivolgersi (fra gli altri destinatari) a Bartolozzi «per doverosa informazione», e perché gli eventuali «provvedimenti urgenti» da adottare «ci vedono privi di delega, come da me già evidenziato anche al capo di Gabinetto in precedenti comunicazioni. Potrebbe dunque emergere la necessità di atti urgenti a firma dell’On. Ministro». Birritteri aveva compreso che si trattava di un caso delicato e aggiunse: «La questione manifesta una possibile valenza politica di non trascurabile entità, trattandosi di questione inerente lo scenario nord-africano ed anche sotto questo aspetto la si segnala al capo di Gabinetto. Sentiamoci ove dovessero emergere ulteriori elementi, ovvero una qualunque necessità urgente in modo da assicurare al ministro ogni doveroso supporto tecnico».
A questo articolato messaggio, Bartolozzi rispose con le poche righe ormai note: «Ero stata informata. Massimo riserbo e cautela anche nel passaggio delle info. Meglio chat su Signal. Niente per mail o protocollo».
Nessun riferimento agli «atti urgenti» evocati da Birritteri, cioè a un provvedimento del ministro ritenuto necessario a sanare la mancata «interlocuzione preventiva» tra la Procura generale di Roma e il ministero, e rendere valido l’ordine d’arresto. La questione si ripropose l’indomani, quando il ministro ricevette l’intero fascicolo dall’Aia e dal procuratore generale di Roma Giuseppe Amato, che aveva precisato in una nota: «Si è in attesa delle determinazioni della Signoria Vostra in ordine alle attività da porre in essere».
Birritteri fece preparare e inviò al capo di Gabinetto, per sottoporla al Guardasigilli, la bozza del provvedimento utile a tenere il libico in carcere e consegnarlo ai giudici dell’Aia, ma il ministro non la firmò. Né lunedì, né martedì 21 gennaio, quando la Corte d’appello — in mancanza di qualunque risposta di Nordio e su parere conforme del procuratore generale — liberò il ricercato. Il «caso Almasri», per ciò che riguarda il ministero della Giustizia, è tutto qui.
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13 luglio 2025
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