
Non passa mai di moda la vecchia massima: il bene si fa, ma non si dice. Qualche dubbio, però, affiora quando a fare beneficenza è una griffe del lusso più avvezza ai riflettori che al low profile. Eppure Cartier ha scelto il silenzio: nessun comunicato, nessun post su Instagram per raccontare i 185 mila euro investiti per riasfaltare via Ramazzini, a Torino, risistemarne i marciapiedi, installare due specchi parabolici e tre dossi davanti al proprio stabilimento in Rebaudengo.
Quello firmato Cartier è solo uno degli interventi di manutenzione, riqualificazione e restauro di spazi ed edifici pubblici finanziati da privati in accordo con Palazzo Civico. Il Comune aveva già avviato nel 2007 un programma di sponsorizzazioni per sistemare giardini, aree gioco e spazi per cani. Ma fino al 2022 la raccolta è andata avanti a rilento, tanto che il sindaco Stefano Lo Russo ha deciso di rilanciarla, convinto che Torino potesse essere attrattiva, alla pari delle grandi città, per chi vuole investire promuovendo al contempo la propria immagine.
Così, fino al 2026 la Città ha deciso di mantenere sempre aperte due «ricerche di sponsor»: una per iniziative ed eventi (come l’ultimo San Giovanni firmato Fiat, da 1,4 milioni di euro), l’altra per sostenere interventi su strade, parchi e spazi sportivi. In questo secondo filone rientra anche la riqualificazione in corso di piazzale Valdo Fusi, finanziata con 205 mila euro dal «misterioso» comitato ViviTorino. Misterioso perché, superando anche Cartier, il gruppo di residenti facoltosi della sponsorizzazione ha chiesto di tenere riservata la propria identità.
Altro che il restauro del Colosseo a spese di Tod’s, annunciato ai quattro venti e ben più oneroso: qui l’essere sabaudo sembra prescrivere una condotta precisa, che prevede anche un’altra regola: se bisogna aiutare il prossimo, è bene che lo si faccia in termini di metri. Così, Cartier rifà la strada che porta al proprio stabilimento e i ricchi imprenditori rifanno le piazze su cui si affacciano le loro finestre.
Non parliamo solo di piazzale Valdo Fusi. Sembra essere una sponsorizzazione «a km zero» anche il restyling di piazzetta Maria Teresa, sostenuto con 184 mila euro dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali (inaugurazione il 16 luglio). E la rinascita del viale alberato di corso Siccardi, restituito ai torinesi grazie al contributo — di oltre un milione — incassato sotto la sindaca Chiara Appendino — della Compagnia di San Paolo e di Reale Mutua, che in quello spicchio del centro hanno (ovviamente) uffici e interessi, vedi il Collegio Carlo Alberto.
Certo, non sempre è così. Se prendiamo l’elenco degli interventi sponsorizzati dalla già citata Consulta vicina all’Unione Industriali, si scopre che non ha ristrutturato solo chiese e monumenti delle piazze auliche. Negli ultimi anni, ha aiutato la Città a riportare all’onore del mondo anche i giardini di via Mascagni, i campi sportivi Pietra Alta e il giardino della scuola Chagall.
Tutti interventi importanti dal punto di vista economico — visto che il bilancio pubblico deve far fronte a continue ristrettezze—, ma niente di paragonabile alla sponsorizzazione da 1 milione di euro che la società milanese One ha appena offerto per la Gran Madre. È vero, per il restauro sarà ricoperta da una maxi pubblicità (affittata alla Fiat), ma almeno ci sarà qualcuno che farà del bene senza fare troppe storie. Perché a Torino ci si veste di blu e di beige. E, se i soldi non sono bloccati in banca (vedi il cardinale Roberto Repole), si spendono pensando al bene comune. Ma sempre con cautela per non farsi dire: oh ma che spatuss.
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29 giugno 2025
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