
Quaranta ore settimanali, il classico impiego a tempo pieno. Ruolo: addetta alle paghe in uno studio di consulenza del lavoro. Ufficio fino alle 17, poi via ad allenamento. Il calcio, per Nadine Nischler, era rimasto soltanto un hobby. Una passione da coltivare, non un mestiere con cui sostentarsi. Accadeva quotidianamente fino a un anno e mezzo fa, quando la classe 2000 militava in Serie C. Oggi, invece, il suo nome figura addirittura in cima alla classifica marcatrici della A: 5 gol in 6 presenze tra le fila del Como Women, l’ultimo dei quali a decidere su rigore il match interno di sabato contro il Milan. Palla da una parte, la portiera della Nazionale Laura Giuliani dall’altra: freddezza da manuale al 91’, tanto più dopo aver avuto il coraggio di ripresentarsi sul dischetto dopo aver stampato sulla traversa un altro tiro dagli undici metri nel cuore della ripresa.
Doppio salto avanti
A proposito di Nazionale: la bomber originaria di Naturno – 6 mila anime in Val Venosta, a una manciata di chilometri dal confine austriaco – ha esordito in azzurro giusto il mese scorso, sul finire dell’amichevole pareggiata 1-1 con il Giappone. La sua prima convocazione da parte del c.t. Soncin era invece arrivata già dodici mesi fa, a coronamento di un 2024 che sembrava quasi uscito da un film. A cambiarle la vita, un’inattesa chiamata ricevuta proprio in orario di lavoro: «Ero in ufficio, sono corsa nella stanza dove ci mettevamo a parlare al telefono, e mi è stato chiesto se volessi andare a Como, a giocare in Serie A», ha ricordato lei stessa ai microfoni della Figc. Risposta affermativa, naturalmente. Alla base dell’offerta, il vertiginoso bottino di gol stagionali dell’allora giocatrice del Meran: ben 40 (più 2 nella Coppa Italia di categoria), proprio come le sue ore di lavoro dal lunedì al venerdì. Un killer instinct evidentemente sfoggiato anche durante il provino sostenuto in Lombardia, avendo poi il club deciso di metterla sotto contratto fino al 30 giugno 2026. Risultato: 11 reti nel suo primo campionato di massima serie, record di squadra ancora più considerevole alla luce del suo ruolo non di attaccante, bensì di centrocampista offensiva.
Il bello deve ancora venire?
Facile sarebbe associare a una simile ascesa il termine di «favola». Nella sua leggerezza, quest’ultimo non renderebbe però giustizia ai sacrifici compiuti dall’altoatesina per sfondare sul rettangolo verde. Primo tra tutti, lasciare casa ad appena 14 anni. Destinazione Norimberga, Germania. Scuola e calcio, calcio e scuola. Ma non andò come sperato, al punto condurla a rientrare in Alto Adige al termine delle superiori. Un apparente addio ai sogni di gloria, vista la natura dopolavoristica del suo seguente (dis)impegno sportivo. Ma in fondo poteva andare bene anche così, in presenza di un radicato amore per il pallone: «Da piccola andavo a vedere mio fratello Fabian (di due anni più grande, ndr) nel campetto del paese, finché mia madre non mi vide piangere perché non potevo giocare. E così è cominciato tutto». Finalmente arrivata dove aveva sempre sognato, l’ex impiegata adesso non vuole porsi limiti: seconda in classifica con il suo Como Women – proprietà statunitense, nessun legame con il Como 1907 dei fratelli Hartono – a -3 dalla Roma capolista, nelle ultime ore è stata inoltre nuovamente convocata da Soncin per la doppia amichevole dell’Italia in casa degli Stati Uniti venerdì 28 novembre e lunedì il primo dicembre. Dalle Alpi alla Florida, passando per il Lario: il nuovo capitolo di una storia le cui pagine migliori, di questo passo, potrebbero essere ancora da scrivere.
19 novembre 2025
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