
«Il calcio italiano soffre ancora i postumi del Covid. L’impatto sui conti economici è stato gravissimo, in tre anni sono andati persi 3,6 miliardi di euro e i debiti sono schizzati». Urbano Cairo, presidente e amministratore delegato di Rcs MediaGroup, prende la parola sul palco della settima edizione di «Sport Industry Talk», il convegno organizzato da Rcs Academy Business School, dal Corriere della Sera e da Rcs Sport & Events, ricevendo i complimenti del numero uno della Figc Gabriele Gravina e di quello della Lega Serie A Ezio Simonelli. La sua è una disamina chiara, netta: «Il governo non è venuto incontro a un comparto industriale che dà al Paese un miliardo di contribuzione fiscale e oltre 100 mila posti di lavoro. Senza aiuto le società continuano a portarsi sulle spalle un macigno che impedisce loro di investire in stadi e giovani».
«Non possiamo permetterci 100 squadre professionistiche»
Cairo evidenzia i problemi del calcio italiano: «Contiamo 100 squadre professionistiche e non possiamo permettercelo. I top campionati stranieri, che fatturano più di noi, ne hanno decisamente meno. Si potrebbe incentivare i club ad avere la seconda squadra, visto che in serie C ci sono società che fanno fatica a stare in piedi». Poi gli stadi: «In Italia ce ne sono solo 4 di proprietà e gli altri sono molto fatiscenti». Per quanto riguarda il suo Torino: «Stiamo valutando con il Sindaco, speriamo che possa essere una possibilità». I temi sono tanti, Cairo continua a snocciolarli con grande chiarezza: «Altro problema è la pirateria, che impatta in maniera incredibile. 300 milioni l’anno persi così. E poi bisogna mettere sotto controllo i costi. Il calcio oggi perde, 13 squadre su 20 in serie A hanno il bilancio in rosso».
«Il governo deve aiutare il calcio italiano»
Urge una riforma per il calcio italiano, dunque: «La collaborazione fra la Lega di serie A e la Figc è molto migliorata con Gravina. E la federazione, che rappresenta tutto il nostro movimento, può essere portatrice di richieste verso il mostro governo, che in molte cose — a partire dal Giro d’Italia — ha mostrato sensibilità. Auspico la adotti anche per il calcio con aiuti per le infrastrutture e gli sgravi fiscali. Lo Stato non aiuta il calcio perché è impopolare? Può essere un motivo, ma è un settore che dà moltissimo e al contrario del cinema non riceve niente. Alcuni eccessi vanno limitati, ma servono aiuti. Non a fondo perduto, magari con forme di tax credit anche legate a investimenti su giovani e impianti. Bisogna intervenire per esempio sulle scommesse in cui nel nostro caso l’organizzatore dell’evento sportivo, al contrario di molti altri Paesi, non beneficia di nulla su 16 miliardi di entrate».
«Nazionale? Bisogna far giocare di più i nostri giovani»
Infine il tema della Nazionale, che ha conosciuto oggi le avversarie dei playoff verso il Mondiale del 2026. Saltarlo per la terza volta sarebbe un disastro: «Abbiamo delle giovanili azzurre straordinarie, siamo primi come partecipazioni alle fasi finali dei grandi tornei negli ultimi 10 anni, dall’ U17 a U21. Vuol dire che i giovani li stiamo crescendo bene, poi però gli U21 italiani giocano meno minuti dei coetanei all’estero. Nessuno usa tanto gli stranieri come noi, disputano il 63% dei minuti totali. Mentre i ragazzi cresciuti in Italia fra i 15 e i 21 anni hanno la percentuale più bassa. Abbiamo una popolazione più alta di Norvegia e Croazia, ma bisogna avere il coraggio di far giocare di più i nostri talenti».
«In 20 anni di Torino fatto tanto, ma obiettivo è migliorarsi»
L’obiettivo è dare slancio a un movimento che ha tantissimo potenziale: «Più che paletti agli stranieri servono incentivi a far giocare i giovani», ribadisce Cairo, che poi fa un breve bilancio sui 20 anni di presidenza alla guida del Torino: «L’ho preso quando era fallito: mi tirarono per la giacchetta, a cominciare d’allora sindaco Chiamparino, e da lì le cose sono cresciute. Siamo tornati subito in serie A, un percorso lungo, con gioie e dolori. Ho molta passione: il Toro era la squadra di mia madre e di mio padre, ed è diventata la mia. C’è la voglia di fare meglio. Stiamo investendo molto, anche nelle infrastrutture: dopo il Filadelfia, ricostruito insieme a Comune, Regione e tifosi, abbiamo completato il centro sportivo per i giovani, il Robaldo, un investimento importante. Stiamo investendo per fare meglio. Il Toro in questi 13-14 anni ha fatto buone cose, sempre in serie A e spesso nella parte sinistra della classifica. Ma l’obiettivo è migliorarsi».
20 novembre 2025
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