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Cahill resta allenatore di Sinner, la scommessa prima della finale di Wimbledon. E Jannik avverte: «Non sono ancora arrivato al mio meglio»

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DAL NOSTRO INVIATO
LONDRA – È stata la vittoria di un campione adulto contro un genio ancora bambino. Quando arriva in sala stampa dopo aver incassato l’abbraccio di Alex Corretja, che è un po’ il ministro degli Esteri del tennis spagnolo, Jannik Sinner conferma di avere nella razionalità estrema uno dei suoi molti punti di forza. «Sognavo di giocare e vincere su questo campo fin da quando ho cominciato con il tennis, ma non ho pianto. Ci ho messo un po’ a realizzare, perché quando sono in campo, stacco da tutto».

Mettiamoci comodi, perché abbiamo davanti minimo dieci anni di sfide per discutere di quale sostanza sia fatto davvero il talento. La questione non è solo sportiva, ma anche filosofica. Perché questo match ha riassunto e tenuto insieme le differenze tra i due campioni e quello che sarà il tema fisso di una rivalità che qualunque appassionato di tennis deve sperare duri il più a lungo possibile: i picchi di gioco di Carlos Alcaraz sono superiori a quelli di Jannik, il cui livello e la consistenza media stanno invece ben al di sopra di quelli dello spagnolo.
 
«Anche oggi ci sono state delle cose che lui ha fatto meglio di me» sostiene il neocampione di Wimbledon. «Dopo Parigi, con Simone e Darren abbiamo studiato dove potevo dare di più. L’erba è anche questione di adattamento, e ogni anno qui mi sono sentito meglio. Contro Carlos avevo perso cinque volte di fila, ma sapevo di essere vicino, quindi ho continuato a crederci».
Se c’è un segreto nel suo tennis, è anche nella capacità di riconoscere le situazioni. Non lo dice, ma non è convinto di avere giocato una grande partita. «Le differenze tra noi sono state minime, e sono stato fortunato a prendere un paio di nastri». Non dice della tremenda solidità con la quale ha soffocato il campione di Murcia, non si loda per non essersi abbattuto dopo aver perso male il primo parziale, e di aver trovato la fiducia e la disciplina per restare attaccato a una tattica perfetta. No, cita la fortuna. «Ma è davvero così. Il margine che ci separa è minimo. L’ho pensato quando ci perdevo, non cambio idea oggi che l’ho battuto».

L’unico merito che si attribuisce non è quello di aver fatto apparire come perso nel verde del Centre Court il suo rivale, ma di aver accettato quel che era avvenuto durante la finale del Roland Garros. «Dopo quella sconfitta non mi sono lasciato andare a quello che poteva essere, sono riuscito a gestire il dispiacere e soprattutto il rimpianto. Intendiamoci, non è stato facile accettare quel risultato. Ma cerco di essere onesto con me stesso, e sono giunto alla conclusione che sia stato meglio perdere così, avanti di due set, con tre match point a favore, che facendo solo due games. E poi, parliamo sempre di tennis».

In questo, è stato aiutato da una coppia di allenatori come Simone Vagnozzi e Darren Cahill, che spesso danno l’idea di ricoprire anche un ruolo diverso. Un confidente il primo, un mentore il secondo. «Ho bisogno di avere intorno persone che mi capiscono e che mi accettano per quello che sono, capaci di dirmi anche le cose che posso o potevo fare meglio». A questo proposito, il trofeo di Wimbledon aiuta anche a ridisegnare un futuro che prevede a fine stagione l’addio del coach australiano. «Darren mi dà tanto anche fuori dal campo, perché mi aiuta a vivere le vittorie ma anche le delusioni. Prima di questa finale avevamo scommesso che se avessi vinto, l’ultima parola sul suo addio sarebbe toccata a me. Quindi, adesso la scelta è mia».

L’ultima parte è davvero Jannik Sinner in purezza. Quando gli chiedono se si rende conto di aver scritto la storia dello sport italiano, fornisce una risposta di disarmante sobrietà. «Un po’ sì, certo. Ma sono anche convinto che a 23 anni non ha senso dire che si fa la storia. Ci vogliono tanti anni per farla davvero. Sono il primo italiano a vincere Wimbledon, e sono contento. Ma io lavoro per me stesso. Se i miei risultati portano anche gioia e lustro al mio Paese, ne sono felice. E se devo essere sincero, non credo di essere ancora arrivato al mio meglio».
 
Non lo dice come una frase fatta, ma perché ci crede. Per quanto possa sembrare incredibile, dopo una vittoria come questa, Jannik Sinner ha appena cominciato.

14 luglio 2025 ( modifica il 14 luglio 2025 | 08:06)

14 luglio 2025 ( modifica il 14 luglio 2025 | 08:06)

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