
Gli Stati Uniti sono il paese dell’immigrazione per eccellenza e molti sono i film e i registi che si sono raccontati in questa ottica, a cominciare dal turco-greco Elia Kazan. Il film di oggi, «Brooklyn», è la storia della giovane Eilis che dalla natìa Irlanda viene a lavorare a Brooklyn, va a pensione, si impiega ai grandi magazzini e sposa in segreto, per ulteriore incrocio di razze, un idraulico di origine italiana, con famiglia molto presente.
Il problema nasce quando la ragazza torna nella cittadina natale, ritrova la madre e soprattutto un ricco pretendente che le offre affetto e lavoro sicuri, una contabilità che entra nei sentimenti. Restare o non restare? I dubbi sono forti, alimentati dalla pulsione sensuale, e restano tali anche nel secondo libro della bella trilogia letteraria di Colm Toibin, ovviamente irlandese complice di alcune nostalgie: in «Long Island» (Einaudi), la situazione si complica sempre di più tanto che ci si aspetta un risolutivo capitolo.
Il film, adattato per lo schermo dall’esperto scrittore Nick Hornby, incrocia memorie, dubbi e nostalgie in un melò non retorico che racconta l’incontro non facile tra due culture (terza, comprimaria, l’italiana). Originaria irlandese anche lei, Saoirse Ronan (32 anni, 4 candidature all’Oscar) esprime con un riservato romanticismo imparato recitando Jane Austen la malinconia dei continui distacchi, ma la nascita del nuovo mondo richiede lavori di restauro della propria personalità e del modo di essere.
La domanda è: esiste ancora e ha ancora valore il sogno americano? Oggi la risposta si complicherebbe ma nel film eravamo in un’altra era politica (Obama), che Toibin racconta bene assecondato dalla regia di John Crowley, regista irlandese anche di teatro e dal ricco cast che comprende Emory Cohen, Julie Walters, Domhnall Gleeson e doppi panorami, quelli metropolitani di Brooklyn e affacciati alla natura quelli irlandesi.
Brooklyn, di John Crowley, Usa, 2015. Iris, ore 21.15
21 agosto 2025
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