
SIENA – Le ultime chiusure a settembre erano state una fitta al cuore della città: troppe saracinesche abbassate per continuare a restare inermi verso una tendenza che accomuna Siena e centinaia di altri luoghi, la progressiva scomparsa degli esercizi commerciali tradizionali e di contro il proliferare di bar e ristoranti. E ora la città prova a fare uno scatto in avanti che porta la firma della finanziaria Fises, con la regia di Comune e associazioni di categoria. Un tentativo per opporsi all’omologazione dei centri storici, sempre più arrendevoli al turismo mordi e fuggi.
Le buone intenzioni sono accompagnate da un milione messo a disposizioni dalla Finanziaria di sviluppo senese per le nuove imprese che nascono nel cuore cittadino. Per ciascuna il contributo massimo sarà di 100 mila euro. Sono destinati ad attività nel ramo dell’artigiano artistico, nella prospettiva di ricostruire quell’aspetto identitario che Siena ha smarrito negli anni.
L’augurio dell’assessore Vanna Giunti è che «da parte della cittadinanza ci sia lo stesso desiderio di collaborare per far rinascere questa città dopo periodi bui».
Valutazione positiva per Monica Ciacci di Confesercenti, che evidenzia «il grande sforzo collettivo per arrivare a questo punto, anche se poi servirà che qualcuno si assuma il rischio di impresa in un settore particolare».
Le somme si potranno tirare alla fine del 2026, quando scadrà il termine per usufruire dei fonti.
La certezza, al momento, è nei numeri che certificano la crisi commerciale: dal 2012 al 2024 la città ha perso 79 attività commerciali in centro e altri 66 in periferia. Crisi che non tocca ristoranti, bar e strutture ricettive. Nel periodo prese in esame, i tre settori hanno un saldo positivo di 42 unità.
Fuori dal centro ci sono 35 esercizi in più: le attività di ristorazione sono passate da 93 a 129 (nel corso del 2025 poi ne sono state aperte altre). Sono raddoppiati i negozi di informatica e telecomunicazione, mentre i negozi specializzati hanno subito una battuta d’arresto: ne sono rimasti 113, erano 146 nel 2012.
Il segno dei tempi che cozza con un’immagine signorile che la città ha saputo dare di sé.
«Nel 1977 mia moglie per aprire un fondo si era dovuta adattare a via del Paradiso (una via laterale a piazza Matteotti, ndr) — racconta l’ex vicesindaco Mauro Marzucchi — perché nelle vie più centrali gli spazi erano tutti occupati. Poi gli affitti sono diventati insostenibili e il caro vita ha fatto il resto. Senza dimenticare che la crisi di Mps ha colpito indirettamente anche tanti professionisti, facendo così perdere capacità di spesa».
Non è solo un questione di quantità ma anche di qualità, come fa notare Emilio Giannelli, ex dipendente di Mps e vignettista del Corriere della Sera: «Mi ricordo certe vetrine che oggi non si vedono più. La gente veniva da fuori per ammirare e acquistare. Io abitavo in via della Sapienza ed era pieno di botteghe. Oggi è quasi un miracolo che qualcuno riesca a resistere».
Non a caso l’ex sindaco Pierluigi Piccini osserva: «La vera sfida non è aprire nuovi esercizi: è farli durare. E per durare serve una redditività stabile, che oggi il centro storico di Siena non è in grado di garantire».
Di fronte a carovane di visitatori che restano qualche ora al massimo, non è dura, è durissima.
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24 ottobre 2025
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