
Israele bombarda vicino, troppo vicino, ai soldati di pace di Unifil in Libano. Nessuno, per fortuna, rimane ferito, ma il gesto è «uno degli attacchi più gravi al personale Unifil dal cessate il fuoco dello scorso novembre». Le Nazioni Unite denunciano «la violazione del diritto internazionale». Gli Stati che contribuiscono alla forza di interposizione, Italia in testa, protestano. A Roma il sistema politico sente l’onda d’urto. Ha un sommovimento. Sullo sfondo c’è la guerra infinita a Gaza, la fame, le decine di migliaia di vittime che Israele sta mietendo. «Israele sia chiamato a rispondere delle proprie azioni — dice il capogruppo Pd Stefano Graziano rivolgendosi al governo ma anche a tutta la comunità politica —. Il silenzio o l’ambiguità sarebbero complicità».
Droni in azione
Ormai fa parte della nuova dottrina di guerra israeliana: pochi uomini in sicurezza e un enorme impiego di tecnologia. Martedì, 4 droni armati hanno violato lo spazio aereo libanese. Hanno sorvolato una pattuglia di caschi blu dell’Unifil e sganciato i loro ordigni a una distanza variabile tra i 20 e i 100 metri. L’Onu denuncia ieri l’attacco e parla genericamente di bombe. Israele ribatte che martedì ha effettivamente lanciato in zona delle «granate» , ma solo «stordenti». Il risultato è stato comunque il ritiro della pattuglia internazionale. La strada che cercavano di liberare è rimasta bloccata, il punto d’osservazione che volevano raggiungere è ancora inaccessibile. Fonti della forza di pace in Libano sentite dal Corriere sostengono che «è impossibile ci abbiano scambiato per miliziani di Hezbollah. Avevamo i veicoli bianchi, le insegne, le divise e in più avevamo comunicato l’attività alle Forze di difesa Israeliane. Molto più probabile che volessero mandarci un avvertimento: l’area di confine deve restare una loro zona cuscinetto».
Responsabilità
Il comando Unifil, agli ordini del generale italiano Diodato Abagnara, deve favorire il dialogo tra israeliani e libanesi e ha sempre cercato di restare neutrale. Nella nota sul bombardamento subito martedì, non accusa direttamente, ma spiega che «è responsabilità delle Forze di difesa Israeliane garantire l’incolumità delle forze di pace. Qualsiasi azione che metta in pericolo i Caschi blu costituisce una grave violazione della Risoluzione 1.701 e del diritto internazionale». Israele replica in modo altrettanto burocratico, ma non meno deciso. «Non sono stati sparati intenzionalmente colpi contro le forze dell’Unifil». «Avevamo individuato una presenza sospetta nell’area e quindi lanciato diverse granate stordenti per rimuovere la minaccia». Non si scusa e ribadisce l’appoggio alla missione di pace, spiegando semplicemente che «la sicurezza dei civili e delle nostre forze è la massima priorità».
Le reazioni
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha condannato gli attacchi a chi «lavora per garantire sicurezza e stabilità del Libano». Il ministro della Difesa Guido Crosetto parla di «atto grave». «Non è un errore dell’Idf. Si è trattato di una scelta precisa. Tanto precisa da parte loro quanto inaccettabile da parte nostra. Esprimerò con tutta la forza possibile al mio omologo israeliano la nostra totale disapprovazione (e qualcosa in più) per quanto accaduto». Toni simili anche dal governo spagnolo e francese, che come il nostro hanno centinaia di soldati impegnati nella missione di pace.
Polemiche le opposizioni. «L’attacco dell’Idf al contingente Unifil in Libano è l’ennesimo capitolo di una spirale di insensatezza di cui l’esercito israeliano sembra ormai essere preda quotidiana», ha detto Enrico Borghi, vicepresidente di Italia viva. «Colpire un contingente Onu significa colpire la comunità internazionale — ha rimarcato dl Pd Graziano —. Non possiamo accettare che i nostri uomini e donne in uniforme siano trasformati in bersagli di chi, come in questo caso Israele, dimostra di non avere alcun rispetto per le regole internazionali». Per Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione, si è trattato di un episodio «vergognoso»: «Non è affatto un errore, come si vuole far credere, perché sarebbe il secondo in pochi mesi».
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3 settembre 2025
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