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Boeing precipitato in India, frizioni tra occidentali e Nuova Delhi. Il mistero delle scatole nere bloccate per 11 giorni

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Le autorità occidentali sono preoccupate per la regolarità e la trasparenza delle indagini sul volo Air India precipitato lo scorso 12 giugno. E anche se ufficialmente viene espressa la massima fiducia nelle capacità degli investigatori di Nuova Delhi di fare luce su uno dei peggiori disastri aerei degli ultimi due decenni, dietro le quinte si teme che il risultato finale possa «risentire» significativamente delle influenze politiche locali. È quanto apprende il Corriere da due fonti a conoscenza dei confronti tra l’India (Paese responsabile dell’inchiesta), gli Stati Uniti (Paese produttore del velivolo) e il Regno Unito (Paese d’origine di molte delle vittime). 

L’incidente

Il Boeing 787 di Air India è precipitato nei sobborghi di Ahmedabad circa trenta secondi dopo il decollo. Il jet era diretto a Londra Gatwick. Per motivi al momento non ancora chiari, l’aereo — con a bordo 242 persone — ha avuto sin da subito problemi di potenza ai motori. Secondo le prime valutazioni tecniche, anticipate da questo giornale, comandante e primo ufficiale hanno di fatto perso i propulsori con ogni probabilità già alla fine della rincorsa in pista, ma a una velocità ormai troppo elevata per poter annullare la manovra. 

Le ispezioni

Nell’impatto sono morte 270 persone: 241 tra passeggeri (si è salvato soltanto uno) e membri dell’equipaggio, e altre 29 che si trovavano nella mensa universitaria contro la quale si è schiantato il velivolo. Subito dopo, le autorità indiane hanno ordinato controlli approfonditi sull’intera flotta di Boeing 787 di Air India, di proprietà del gruppo Tata. Su 33 velivoli della flotta, l’ispezione è stata completata per almeno 26, mentre altri 4 erano già sottoposti a manutenzione. 

Il team investigativo

I protocolli internazionali prevedono che l’inchiesta venga gestita dalle autorità del Paese in cui avviene l’incidente. L’ente designato per le indagini è l’Aircraft Accident Investigation Bureau (AAIB), e il team include anche uno specialista in medicina aeronautica, un controllore di volo e rappresentanti del National Transportation Safety Board (NTSB) statunitense, in rappresentanza del Paese di fabbricazione e progettazione dell’aeromobile. 

La visita dei vertici di Boeing e GE Aerospace

Il 16 giugno — quattro giorni dopo il disastro aereo — a Nuova Delhi si sono presentati sia la responsabile della divisione aerei commerciali di Boeing, Stephanie Pope, sia l’amministratore delegato di GE Aerospace per i motori e i servizi commerciali, Russell Stokes. Visite ritenute «anomale» dagli addetti ai lavori, ma che — spiegano le fonti — hanno rappresentato un primo segnale delle frizioni tra le autorità indiane e quelle occidentali. 

Le due scatole nere

Frizioni che non si sono attenuate. Anzi. Nei colloqui tra le due sponde dell’Atlantico è stata espressa preoccupazione per la gestione delle due «scatole nere» (che, pur essendo comunemente chiamate così, sono di colore arancione), i dispositivi che registrano gli audio in cabina di pilotaggio (Cockpit Voice Recorder) e i parametri di volo dell’aereo (Flight Data Recorder): strumenti cruciali per capire cosa sia accaduto al Boeing 787. 

La gestione dei dispositivi

Il Cockpit Voice Recorder è stato trovato il 13 giugno sul tetto di un edificio nel luogo dell’incidente. Il Flight Data Recorder, invece, è stato recuperato il 16 giugno tra i rottami. Tuttavia, i due dispositivi sono stati trasportati nei laboratori specializzati di Nuova Delhi soltanto il 24 giugno, ossia undici e otto giorni dopo i rispettivi ritrovamenti. Tempi di attesa considerati «anomali» dalle fonti occidentali, e non giustificati da particolari ragioni. In una nota, il governo indiano ha sottolineato che «i dispositivi sono stati custoditi ad Ahmedabad con sorveglianza continua della polizia 24 ore su 24 e videosorveglianza». 

L’estrazione dei dati

I due registratori sono stati trasferiti da Ahmedabad a Nuova Delhi con un aereo dell’Aeronautica militare indiana. Uno è arrivato presso il laboratorio dell’AAIB alle 14 (le 10.30 in Italia), l’altro alle 17.15 dello stesso giorno. Tra la sera del 24 e il 25 giugno, il team ha avviato l’estrazione dei dati, che — spiega una nota — sono stati scaricati «con successo». L’indagine potrebbe durare settimane, se non mesi. Il Corriere ha contattato i vertici dell’AAIB, ma al momento della pubblicazione di questo articolo non ha ricevuto risposta. 

FILE - An Air India Boeing 787 Dreamliner performs its demonstration flight during the 50th Paris Air Show at Le Bourget airport, north of Paris, on June 18, 2013. (AP Photo/Francois Mori, File)

Le preoccupazioni

I laboratori, ricordano fonti occidentali, sono nuovissimi: sono stati inaugurati lo scorso 9 aprile. Ma a colpire è il fatto che Nuova Delhi abbia deciso di estrarre i dati in loco, senza inviare le scatole nere — come avviene di solito — in strutture molto più specializzate, anche in termini di competenze, come quelle in Francia o negli Stati Uniti. Non solo. A destare ulteriore preoccupazione è il fatto che l’Aircraft Accident Investigation Bureau sia una divisione del ministero dell’Aviazione civile, dunque priva di indipendenza. 

I suggerimenti respinti

Le fonti riferiscono che gli occidentali «più volte» abbiano fatto presente ai colleghi indiani che sarebbe stato opportuno scaricare i dati e analizzarli in strutture dotate di personale in grado di interpretare le informazioni nel miglior modo possibile, evitando ambiguità che potrebbero compromettere l’esito delle indagini. Per questo era stato proposto come laboratorio quello francese del Bureau d’Enquêtes et d’Analyses pour la sécurité de l’aviation civile. Proposta respinta dalle autorità indiane.

lberberi@corriere.it

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28 giugno 2025

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