
Il 1975 fu un anno indimenticabile per il Pci fiorentino, con la conquista dopo ventiquattro anni di Palazzo Vecchio e l’elezione a sindaco di Elio Gabbuggiani. Impressionanti furono le manifestazioni per celebrare quel risultato, a cominciare dal comizio in Piazza Santa Croce di Giorgio Napolitano all’indomani della vittoria del 15 giugno. Oltre ogni confronto fu la chiusura della Festa dell’Unità nazionale che si tenne alle Cascine il 10 settembre con Enrico Berlinguer.
Sono passati cinquant’anni, le nuove generazioni non sanno probabilmente granché di quei tempi, tutto è cambiato nelle società e nella politica, ma alcune personalità di quel lontano passato mantengono fascino e influenza. È il caso di Berlinguer e le celebrazioni fiorentine di questo settembre lo confermeranno di sicuro, in una parte dell’Italia che ne ha mantenuto un vasto e diffuso ricordo.
Detto questo e dato a Cesare ciò che indubbiamente è di Cesare, quello che è venuto in mente al sottoscritto, visitando la mostra al Mandela e sfogliandone i cataloghi, non è stato un momento dell’esperienza di quell’anno memorabile, ma un libro di Stefan Zweig, anzi quello più famoso dello scrittore austriaco. Si tratta de «Il mondo di ieri», un ritratto della Felix Austria e di Vienna prima della Grande Guerra e della sua successiva inarrestabile decadenza. La celebrazione di Berlinguer potrebbe rifarsi, soprattutto nel titolo, a quel testo che spero anche i giovani abbiano l’occasione di leggere.
«Il mondo di ieri» del Pci negli anni ’70, perno della sinistra italiana, attore protagonista della politica nazionale, per l’appunto con alcune delle iniziative di Enrico Berlinguer, dal compromesso storico, alla ridefinizione dei rapporti con l’Urss, al contrasto con il Psi di Craxi e via di seguito. Tutte cose che, anche se così lontane, avrebbero bisogno di essere presentate criticamente, ma le celebrazioni non sono adatte in tale senso e quindi «celebrano» il loro mondo di ieri.
Il Pci di quella metà degli anni ’70, a Firenze come altrove, in realtà era immerso in una situazione di grandi contraddizioni politiche e sociali, di fronte al crescere del terrorismo che dopo poco sarebbe giunto al sequestro di Aldo Moro. In altro senso era però un «Pci Felix», un grande partito di massa, con un consenso che diveniva sempre più largo sia fra gli elettori suoi tradizionali, sia fra i giovani e fra ceti prima distanti. Un’organizzazione da far invidia per iscritti e capacità di iniziativa e di partecipazione. Per sorridere si diceva allora che Firenze fosse la quarta organizzazione mondiale del comunismo, dopo Mosca, Leningrado e Modena.
Non ho mai saputo se fosse davvero in tal modo, ma la cosa più intrigante in realtà mi era sempre sembrata Modena: una volta o l’altra lo devo chiedere a Michele Ventura, chairman della mostra in corso e, a titolo dovuto, erede di Berlinguer in quel di Firenze.
Era un tempo di grande partecipazione politica. La vita dei dirigenti locali, non solo di quelli comunisti, era una sequenza ininterrotta di riunioni, per quelli del Pci di discussioni dall’ago al cannone: bisognava essere pronti, se del caso, a parlare dei risultati delle elezioni in Australia, dei problemi di un quartiere o del dibattito in corso sui Grundrisse di Marx (lettura preferita da Berlinguer, pare; dove trovasse il tempo, non si sa, comunque faceva effetto).
A parte il divertissement dei ricordi, bisogna sottolineare che c’era una partecipazione vera, voluta e in grandissima parte disinteressata, alla vita politica. Il fatto che Berlinguer ne raffigurasse una sintesi personalmente tanto convincente da divenirne un’icona, anche dopo la drammatica e prematura scomparsa, dà la possibilità ai suoi eredi di metterlo a paragone della vita dei partiti oggi… Il risultato del confronto non ci vuole molto indovinarlo e su questo forse confidano gli eredi di Berlinguer per mantenere o riprendere uno spazio politico grande o piccolo che sia.
L’ultimo eroe eponimo del comunismo taliano, però, faceva parte di un mondo di ieri che non aveva previsto di sopravvivergli per così poco tempo e che avrebbe portato al crollo imprevisto di tutta una storia, anche della sua.
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11 settembre 2025
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