
Presto in Spagna il maltrattamento su animali come forma di tortura e danneggiamento del partner potrà essere considerato un reato. Questo perché il Paese si muove verso l’introduzione di una norma specifica che riguarda la violenza sugli animali messa in atto per causare sofferenza a una persona. Un provvedimento che nasce dall’approvazione di un progetto di legge che prevede il reato di «violenza vicaria»: ovvero la violenza inflitta nei confronti di soggetti terzi con la volontà di provocare danni al partner o all’ex.
Nello specifico, in Spagna sono state apportate diverse modifiche al Codice Penale e a quello Civile, che hanno visto l’introduzione di un nuovo articolo nel primo e la modifica di due articoli nel secondo. La volontà, in entrambe i casi, è quella di identificare e legiferare in merito a casi in cui si infligge violenza a una persona non colpendola direttamente, ma attraverso i suoi affetti. Una pena per punire una «ripicca» che per ora interessa solo le persone, ma che per l’opinione pubblica spagnola dovrebbe essere allargata agli animali.
A portare all’azione legislativa un fatto di cronaca, documentato in un libro prossimamente in uscita in Spagna dal titolo «L’odio», nel quale viene riportata la versione di José Bretón, un uomo che nel 2011 ha ucciso i suoi due figli di sei e due anni dopo che la moglie aveva palesato la sua volontà di divorzio. Ed ecco che da ciò nel nuovo articolo introdotto nel Codice Penale (173 bis) è stato stabilito che qualora si pubblichino testi come quello che riporta il pensiero di Bretòn si incorre in un reato, con una pena che può oscillare dai sei mesi ai tre anni.
Ma la necessità di una tutela legislativa non interessa solo gli umani. Come riportato dal quotidiano spagnolo La Vanguardia, infatti, in concomitanza con l’approvazione del disegno di legge sulla violenza vicaria, un giudice di Las Palmas de Gran Canaria ha condannato un uomo a dodici mesi e un giorno di carcere per aver gettato da un dirupo il cucciolo di pochi mesi della compagna, identificando il reato non solo come un caso di violenza domestica, ma anche appunto come violenza vicaria. Sentenza che ha stabilito che anche l’uccisione di un animale possa essere il mezzo per causare sofferenza a una persona.
Per quanto sia stato considerato reato, però, la condanna non ha fatto finire in carcere l’uomo. Da ciò, per evitare che altri possano emulare questo comportamento, un gruppo di giuristi, psicologi, sociologi, criminologi e altre professionisti si é riunito sotto la dicitura «Coordinating Body of Professionals for the Prevention of Abuse»(CoPPA), sottoponendo all’attenzione dei tre ministeri (Uguaglianza, Gioventù e Infanzia e Presidenza, Giustizia e Relazioni con le Cortes) che hanno varato il progetto di legge sulla violenza vicaria uno studio che pone l’accento sull’importanza di inserire anche il maltrattamento e l’uccisione degli animali.
Tra tutti, a essere promotrice dell’introduzione necessaria, l’avvocata ed esperta di diritti degli animali María González Lacabex, che ha spiegato l’importanza del riconoscimento: «L’impatto sulla vittima del reato è aggravato dalla perdita del legame affettivo e del sostegno emotivo che l’animale rappresentava. L’abuso sugli animali è una forma di violenza psicologica o emotiva, nonché uno strumento efficace di abuso e controllo sulle vittime di violenza di genere».
«Un passo in avanti, che però entra in contraddizione con la realtà spagnola sul tema del trattamento degli animali – commenta invece dall’Italia Giada Bernardi, avvocata del Foro di Roma e fondatrice di GiustiziAnimale, uno studio legale votato alla difesa degli animali -. Infatti, se da un lato abbiamo mobilitazioni legislative come questa e come quella avvenuta nel 2021 con cui gli animali sono stati dichiarati esseri viventi con sensibilità fisica, dall’altro lato sempre in Spagna continuano a esistere le perreras, canili non disciplinati da un sistema regolamentare valido per tutto il territorio nazionale. Di conseguenza, le comunità autonome possono decidere la soppressione dei cani ospitati. Ma non solo: il randagismo e il sovraffollamento non vengono combattuti con campagne di sterilizzazione o di adozione, ma con la pratica dell’eutanasia. Iniziazioni somministrate all’animale senza preservarne la dignità, in quanto ci sono testimonianze che riportano che per tenerli fermi durante quest’operazione vengono appiccati a un chiodo nel muro, senza alcuna anestesia». E dunque, aggiunge, «ben venga che in Spagna il reato di violenza vicaria venga esteso anche agli animali, ma c’è bisogno che il Paese segua una linea coerente su tutti gli aspetti che interessano la tutela degli animali».
Non è raro che gli animali domestici, come i figli, vengano strumentalizzati nei litigi tra i partner. Sugli animali, poi, a volte si infierisce con maggiore crudeltà. La stessa Bernardi ricorda un caso italiano di violenza vicaria dall’epilogo non felice: «Tutti siamo rimasti inorriditi dinanzi al caso di Pilù, un Pinscher nano seviziato fino alla morte nel maggio del 2015 a Pescia, vicino a Pistoia, dall’allora fidanzato della sua padrona. Tuttavia, per l’imputato, condannato in primo grado a 18 mesi di reclusione, quest’anno la Corte d’Appello di Firenze ha dichiarato prescritto il reato di sevizie e uccisione. Un finale che fa indignare».
5 novembre 2025 ( modifica il 5 novembre 2025 | 17:28)
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