Immaginate di tracciare due linee dalla costa settentrionale della Sardegna: la prima che da Porto Torres punta verso Tolone; la seconda che dall’area marina dell’isola di Tavolara, sotto Olbia, si collega con il confine tra Toscana e Lazio, sotto il promontorio dell’Argentario. Tutto quello che sta in mezzo a questo quadrante è il Santuario Pelagos, un’area marina transfrontaliera in cui vige la protezione dei mammiferi marini e dei loro habitat. Fu istituito nel 1999 su iniziativa di Giuseppe Notarbartolo di Sciara, che convinse Francia, Italia e Principato di Monaco a tracciare i confini di un territorio che da quel momento in poi sarebbe stato votato alla tutela del mare e delle sue creature, i cetacei in particolare, che in quest’area sono presenti in gran numero. A margine della conferenza delle Nazioni Unite sugli oceani, svoltasi nei giorni scorsi a Nizza, un ulteriore passo avanti è stato compiuto con la creazione del Consorzio Pelagos, che riunisce 13 partner del mondo della ricerca, delle istituzioni e della società civile, che ha avuto l’investitura direttamente dal principe Alberto II di Monaco.

Il nuovo organismo ha come obiettivo il rafforzamento della conservazione di balene e delfini attraverso una maggiore cooperazione tra le istituzioni transfrontaliere e un maggiore coinvolgimento delle comunità locali e delle organizzazioni che il mare lo vivono tutti i giorni e ne traggono anche la propria sussistenza. Il tutto partendo sempre da un approccio scientifico e non ideologico o caratterizzato da interessi di parte.
Sono quattro i pilastri su cui si basa questa alleanza. Il principale è quello che riguarda le iniziative concrete, raccolte sotto la voce «politiche e advocacy». Sono ad esempio la promozione di misure come la limitazione della velocità delle imbarcazioni in transito (le collisioni accidentali sono tra le principali cause di morte o ferimento tra i cetacei) o la riduzione del rumore subacqueo o, ancora, l’istituzione di aree altamente protette, con maggiori restrizioni a salvaguardia della fauna e della vegetazione marina. Ci sono poi le campagne di comunicazione, per sensibilizzare i cittadini e gli operatori economici nell’ottica di una responsabilità condivisa; e il coinvolgimento dei portatori di interessi, ovvero autorità portuali, compagnie di navigazione, cantieri navali, pescatori, amministrazioni locali, per sviluppare dei modelli condivisi per misure di mitigazione dell’impatto delle attività umane sull’ambiente. Il quarto pilastro è quello della ricerca e dell’innovazione, con raccolte di dati attraverso attività sul campo e utilizzo di tecnologie, come il monitoraggio acustico passivo o la telemetria satellitare.
L’obiettivo è accelerare la transizione verso misure concrete ed efficaci, basate su una dinamica collaborativa che coinvolga la società civile, il mondo della ricerca, autorità pubbliche e comunità locali. Il Consorzio contribuirà direttamente al Global Biodiversity Framework e agli obiettivi 30×30 e 10×30». Vale a dire le iniziative collegate all’Agenda 2030 dell’Onu come la messa sotto tutela del 30% delle aree terrestri e marine entro il «fatidico» anno.
«È fondamentale promuovere una visione condivisa e concreta per la protezione dei cetacei nel Santuario Pelagos – sottolinea Simone Panigada, presidente dell’Istituto Tethys -. Questa iniziativa rappresenta un passo decisivo verso una governance marina più integrata, fondata sulla collaborazione tra ricerca scientifica, istituzioni e società civile. Una opportunità unica per trasformare il Santuario in un laboratorio di buone pratiche per tutto il Mediterraneo».
Del Consorzio fanno parte, oltre a Tethys, il segretariato Accobams (trattato sulla conservazione dei cetacei nel Mediterraneo, nel Mar Nero e nelle aree atlantiche contigue), il Wwf Italia, l’Area marina protetta di Portofino, il Centro comune di ricerca della Commissione Ue, il Dipartimento delle Alpi Marittime, il Cnrs-Géoazur, il Cerema (ente del ministero dell’ambiente francese), il programma Green Marine Europe, il Parco nazionale di Port-Cros, le associazioni Miraceti, OceanCare, BlueSeeds.
Si aggiungono poi alcune fondazioni filantropiche impegnate nella conservazione dei mari, a partire da quella omonima dello stesso Principe Alberto II (e a cui si aggiungono Adessium. Fondazione Didier e Martine Primat, Fondazione Hans Wilsdorf, Oceans5, Fondazione Tiffany&Co., Ubs Optimus e Ubs Monaco). «Questo consorzio sarà più di un semplice progetto – ha promesso il principe Alberto II di Monaco -: è una dinamica collettiva, un’alleanza tra società civile, istituzioni, autorità locali e partner privati. Questo approcci rappresenta un nuovo modo di lavorare insieme per preservare a lungo termine il nostro Mediterraneo. Mi auguro che apra un nuovo capitolo nella storia del Santuario e che rafforzi la sua ambizione originaria dimostrando che l’unità di intenti è la chiave del successo».
19 giugno 2025
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