
In un’estate povera di tormentoni, compie 10 anni uno dei tormentoni per eccellenza, quel «Roma-Bangkok» che ha segnato una svolta nella carriera di Baby K, arrivando a conquistare il disco di diamante: «Nulla doveva andare come poi è andato — ricorda lei, all’anagrafe Claudia Nahum, 42 anni — era giugno e stavo terminando il mio disco, ma mancava un singolo. In poco tempo è nato questo brano, un azzardo. Takagi & Ketra, che stavano lavorando con me, hanno fatto il nome di Giusy Ferreri per cantare le strofe, ma sembravamo una stranissima coppia, senza contare che molte radio avevano detto “a noi Baby K non interessa a prescindere”».
Invece, in poco tempo, si sentiva ovunque: «Su Twitter hanno iniziato a comparire commenti che volevano la canzone in radio, finché non ha preso piede. Mentre ero in vacanza mi hanno annunciato che ero prima in classifica. È la bellezza del non aspettarsi nulla: la vita ti ripaga».
Da lì, Baby K, nata a Singapore, cresciuta prima a Giakarta e poi a Londra, i primi passi mossi nel rap, dice di aver preso più saldamente le redini della sua carriera, a dispetto dei no delle radio e del consenso non sempre unanime: «Tuttora ricevo dei no, ma per me sono benzina. Sono 17 anni che faccio musica, prima del pop facevo rap, quando era di nicchia e c’erano muri da sfondare. Spero che le donne rapper che ci sono oggi non abbiano la memoria corta. Se sono così longeva, significa che c’è di più di quel che i cinici vogliono affibbiarmi. Scrivo i testi, mi curo le coreografie e i video, ho portato in Italia un immaginario contaminato con quello che accadeva all’estero che hanno replicato anche altri e ha fatto anche un po’ rinascere il mercato dell’estate. Non è scontato».
Nel 2020, ad essere accolto con qualche sopracciglio alzato è stato il brano «Non mi basta più», in stretta simbiosi con un brand di bellezza e cantato con Chiara Ferragni: «Non vedo perché rapper che non nomino possono fare la stessa cosa con delle bevande e io mi devo fare problemi se un brand che stimo sceglie come colonna sonora un mio brano. Se vogliamo fare i puristi e far finta di vivere in un mondo dove i cantanti non fanno operazioni commerciali, siamo nel mondo delle favole — dice lei —. Non ci vedo nulla di marcio, il pop è fatto anche di questo, da sempre. Non ho visto le stesse critiche verso i maschi». Quanto a Ferragni, all’epoca nel suo momento d’oro come imprenditrice digitale, «ci teneva molto a partecipare alla canzone e io l’ho presa come una sfida divertente».
Nessun passo falso, allora? «Ci saranno state scelte sbagliate in passato, interne al mio management, che magari non hanno aiutato a farmi vedere sotto altri aspetti, ma non rinnego niente. Sento l’affetto della gente, anche su brani leggeri, perché dovrei recriminare?». Ripercorrendo la sua carriera, Baby K respinge l’idea di un percorso costruito a tavolino: «Spesso si è detto che i miei successi erano studiati, ma è stato proprio il contrario. Tutto quel che è avvenuto è stato per degli azzardi e l’appoggio delle persone è venuto dal basso, senza dover dipendere da dinamiche di simpatie. Dopo un po’, però, mi è sembrato di essere vista quasi come un cartonato. Per quanto faccia musica nazionalpopolare e non certo concettuale, era come se ci si aspettassero determinate cose da me».
Il piano per rompere questa bidimensionalità è partito con «Follia mediterranea», primo brano di una trilogia: «Ho portato un concetto di estate un po’ piccante, in cui la donna è alla guida, dove non si balla ma si fa proprio sesso. È il mostro finale della hit estiva».
Come mai, quest’estate, i tormentoni non ingranano? «A furia di storcere il naso sul concetto di hit estiva, si uccide la bellezza di un genere che fa cantare e divertirsi — sostiene —. E poi il mercato è molto saturo, il pubblico non sa più cosa seguire, se c’è troppa roba si rischia che nulla conti. Quando tutto diventa prevedibile, si rischia che manchi l’aspetto umano. E la musica è fatta di magie e alchimie».
10 agosto 2025 ( modifica il 10 agosto 2025 | 20:53)
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