
Alle 23.30 di martedì 9 settembre i radar polacchi identificano il primo sconfinamento di un drone proveniente dalla Bielorussia. Da quel momento, lo stato di allerta si trasforma in reazione rapida.
Lo scudo della Nato
L’aviazione nazionale è pronta a intervenire. Decollano due caccia F-16 e un velivolo Saab Aew&C per la sorveglianza aerea. Il primo ministro Donald Tusk viene informato all’istante e immediatamente scatta il coordinamento delle forze Nato. La Polonia da mesi si è trasformata in una specie di Stato-trincea, presidiato, tra l’altro, da 10 mila soldati americani. Nei primi minuti dell’incursione, le autorità di Varsavia chiedono spiegazioni al governo della Bielorussia, di fatto un Paese vassallo di Mosca, senza ottenerle. Poi si rivolgono a Kiev, da dove giungono informazioni inquietanti: in quelle ore l’Ucraina è attaccata da sciami di droni, anche a ridosso del confine con la Polonia. Infine prendono contatto con il «Comando Alleato per le Operazioni», ospitato nella sede dello «Shape», il Comando supremo, a Mons, in Belgio.
La risposta militare, ha poi riferito lo stesso Tusk, è stata corale. All’operazione difensiva hanno partecipato due caccia F-16 polacchi, due F-35 olandesi, un aereo da ricognizione italiano Awacs, decollato 47 minuti dopo la mezzanotte dalla base di Amari in Estonia. Mobilitati anche gli elicotteri da combattimento e le batterie anti missile Patriot dislocate dalla Germania nei presidi polacchi. L’incursione dura fino alle 6.30 di mercoledì.
Nel pomeriggio, in Parlamento, Tusk ha dichiarato che lo spazio aereo era stato violato per 19 volte, aggiungendo che «forse tre o quattro droni erano stati abbattuti». Un numero molto ridotto, quindi, e che stride con le dichiarazioni della mattina, provenienti sia da Varsavia che da Bruxelles: abbiamo «neutralizzato la minaccia». Altri velivoli si sarebbero schiantati al suolo perché rimasti senza carburante. In serata, il ministero dell’Interno ha fatto sapere di aver individuato il frammento di un missile e i resti di quindici droni in altrettante località, molte delle quali nella regione di Lublino, a circa 100 chilometri dalla frontiera con l’Ucraina.
Non ci sono state vittime e neanche gravi danni, a parte lo sfondamento del tetto di una casa. Ma che quale sarebbe ora il bilancio se fossero state colpite aree abitate? I droni sono una versione semplificata, chiamata «Gerbera», del modello Shahed-136 iraniano. Secondo gli ucraini questo tipo di arma sarebbe sviluppato dalla società cinese Skywalker Technology.
Tutti a Bruxelles
Nella mattina di mercoledì si tiene la riunione del Consiglio Nord Atlantico, a Bruxelles. La Polonia si appella all’articolo 4 del Trattato dell’Alleanza: consultazioni tra i partner per stabilire se un Paese è sotto attacco. La tesi di Varsavia è netta: l’incursione non è un errore, come sostiene, invece, il ministero della Difesa russa. Il confronto tra i partner, però, non è scontato. I rappresentanti dei Baltici e anche della Germania appoggiano la posizione polacca. Altri, tra i quali si distingue la Spagna, raccomandano prudenza: non ci sono ancora prove certe per attribuire al Cremlino l’intenzione di colpire deliberatamente la Polonia. Alla fine il Segretario generale Mark Rutte prende tempo, sostenendo che «l’indagine è ancora in corso».
I quattro punti polacchi
Il governo di Varsavia, però, ora sollecita i partner ad aumentare il livello di attenzione. Nel concreto il rappresentante polacco avanza quattro richieste, poi ripetute dal premier Tusk in una videochiamata con Rutte, Volodymyr Zelensky, Emmanuel Macron, il premier britannico Keir Starmer e Giorgia Meloni.
Ecco la lista degli interventi da realizzare con urgenza su tutto il territorio polacco: potenziare gli apparati di intelligence e di sorveglianza; aumentare la difesa aerea; assegnare alle strutture militari della Nato il compito di studiare il rafforzamento generale della protezione militare; coinvolgere le strutture della Nato per monitorare ulteriori mosse del Cremlino.
La Polonia, dunque, sostiene che occorra blindare ulteriormente il fianco Est dell’Alleanza. C’è il timore che, come ha detto ieri Ben Hodges, ex comandante delle forze americane nel Vecchio Continente, «la Nato non sia preparata per fronteggiare un massiccio assalto aereo».
Il lamento di Rutte
La spinta di Varsavia è assecondata da Rutte. Secondo le indiscrezioni raccolte dal Corriere, nella riunione di ieri mattina il Segretario generale avrebbe usato più o meno queste parole: l’incursione russa dimostra quanto sia urgente continuare gli sforzi per sostenere la resistenza ucraina; la differenza tra Paesi che si stanno impegnando e quelli che stanno facendo poco o niente sta diventando «inaccettabile».
11 settembre 2025 ( modifica il 11 settembre 2025 | 07:10)
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