Pierino Mori e Pietro Mainardi, arrivati a Montreal nel 1950, si diressero immediatamente nel Labrador “a perforare roccia per la strada del nord, la strada delle miniere”. Lavorarono poi a Kitimat e da là “il passo per Vancouver è stato abbastanza breve” mi raccontò allora Mori. I due amici acquistarono un camion per trasportare automobili italiane da Windsor a Vancouver. “In Ontario acquistavamo il Corriere Canadese, settimanale di lingua italiana pubblicato a Toronto. A Vancouver in quegli anni non arrivavano giornali italiani, se non qualche volta, quando qualcuno veniva da un viaggio. Non c’erano collegamenti aerei….” Era il 1955 e concepirono l’idea di un giornale da comporre e stampare localmente: con l’autorizzazione da parte del Cor di fotocopiare notizie interessanti per i lettori dell’ovest canadese. Non erano e non si autonominarono giornalisti, eppure riuscirono a richiamare intorno al progetto persone in grado di scrivere testi in buon italiano. Loro stessi (occupati di giorno a lavori di sostentamento, e di notte a stampare il giornale utilizzando una vecchia rotativa) contribuirono con editoriali esemplari, davvero significativi se riletti attentamente oggi. I messaggi importanti non muoiono nel tempo!A Piero Mainardi (prematuramente scomparso qualche anno dopo) toccò la presentazione della prima edizione del giornale. Qualche stralcio: “L’Eco d’Italia vede finalmente i natali…. Molti, forse troppi, sono il successo predetto e le lodi attribuite a questa nostra iniziativa….. Non ho, non abbiamo pretese giornalistiche alla Malaparte, ed è cosí che L’Eco d’Italia, più che un giornale polemico e culturale, vuole essere un apportatore di notizie utili per gli emigranti in questo lontano lembo di terra canadese”. Il co-fondatore insiste quindi su apoliticità ed indipendenza del giornale, invita alla solidarietà e all’unione di tutte le comunità italiane dell’Ovest, sottolinea l’importanza della rubrica a carattere legale (“un’arma difensiva di cui tutti indistintamente potranno gratuitamente servirsi”) e chiude con un fraterno saluto ed augurio, dopo avere affermato “chi ci vuol bene conosce lo spirito altamente ideale che ci anima e la necessità di aiutarci nel nostro duro compito”. Quale insegnamento per noi oggi!
La prima colonna della prima pagina è riservata alle parole dell’allora vice console, Salvatore Saraceno (Vancouver non era ancora sede di Consolato generale d’Italia). Definisce “generosa l’iniziativa e intelligente la tenacia di due nostri giovani…. che si sono assunti da soli l’arduo ma magnifico compito” al servizio di “collettività già modeste in numero, venute rapidamente ingrossandosi per il continuo flusso immigratorio, fino a creare la grande comunità italiana del Canada occidentale”. Rivolge quindi all’Eco d’Italia “che muove il suo primo passo, tendendo fiducioso le braccia agli italiani di questo angolo del mondo”, il suo sincero e fervido augurio di successo. L’Eco d’Italia – sia pure passato di mano da Mori (*) a Tofini, ad Azzi, agli Scalabriniani, a Malito e infine ai presenti padroni – ha davvero ottenuto per mezzo secolo il desiderato e meritato successo. Oggi l’informazione, con la comunicazione globale, sta prendendo altre vie e forme. Le pubblicazioni in lingua italiana soffrono per il graduale calo di lettori. Occorrono altre vie e differenti mezzi espressivi, adeguati ai tempi e alle necessità. Mai tuttavia dovrebbero venire meno lo spirito e lo scopo delle cronache comunitarie, fedeli e puntuali. Una riflessione su cui meditare, per procedere in modo appropriato ed onesto.
Impossibile dare un resoconto completo di quei fogli, ma ecco alcuni spunti. Documentata, in prima pagina, l’introduzione dell’insegnamento della lingua italiana nell’Università della British Columbia. Significativa inoltre la riproduzione dei testi degli Inni nazionali, italiano e canadese. In seconda pagina, un’editoriale di Giuseppe Didon (co-redattore con Gianni Azzi del settimanale) che ritorna sulla necessità della stampa comunitaria, sullo spirito di generosità su cui si basa, sulla funzione di ponte tra la patria di origine e quella di accoglienza. “Pur venendo da un paese povero (erano i difficili anni Cinquanta del secondo dopoguerra! nda) siamo ricchi di un tesoro che nessuno ci potrà mai togliere….” Dall’Italia sono riprese le notizie dell’avvio dei lavori dell’autostrada Milano-Napoli, alla presenza del presidente della repubblica Gronchi; dell’inaugurazione del traghetto Freccia del Sole tra Messina e Reggio Calabria; di un traffico clandestino di emigranti sulla rotta Napoli-New York del transatlantico Cristoforo Colombo. Si parla della motonave Giulio Cesare al servizio del Nord America e si pubblica a supporto un’inserzione del locale agente della Italian Line Ltd che annuncia “3 viaggi extra per l’Italia, quest’estate, con la Giulio Cesare” (date e servizi, non sono indicati i costi). Altri inserti pubblicitari richiamano nomi e ditte tuttora ben noti: Girardi, Bon-Ton, Tosi, Olympia, Miloni, ed altri non oltre esistenti. Tra le inserzioni non italiane, quelle della Bank of Nova Scotia e dell’Air France (“compagnia aerea preferita degli italiani per la sicurezza, la rapidità, l’ottima cucina, il servizio lussuoso”). C’è in terza pagina una piccola rubrica religiosa con notizie dalla chiesa del Sacro Cuore, titolo “Bollettino Parrocchiale”. L’ultima pagina è infine dedicata quasi interamente allo sport: locale e dall’Italia. L’Eco diventerà più tardi bi-settimanale con un’edizione speciale riservata alle attività sportive e al coinvolgimento in esse di molti giovani. Oggi lo sport è arrivato in prima pagina! Si sta forse rovesciando l’ordine dei valori?