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Arriva l’evacuazione a Gaza City. Ma Netanyahu: trattiamo per i rapiti

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DAL NOSTRO CORRISPONDENTE 
GERUSALEMME – I generali della Divisione Sud gli mostrano le mappe con i piani per l’occupazione della città di Gaza e il premier Benjamin Netanyahu li giudica «solidi». L’operazione Carri di Gedeone 2 è già in moto, le truppe si muovono alla periferia della metropoli in macerie, dov’è ammassato oltre un milione di palestinesi.
I messaggi in arabo ordinano ai civili di andarsene, per molti è l’ennesimo trasferimento forzato, questa volta devono ammucchiarsi con gli altri rifugiati interni nei campi di tende improvvisate sulla costa e verso il confine con l’Egitto.

Il primo ministro israeliano mantiene l’ambiguità sulla proposta di tregua mediata dagli egiziani e dal Qatar, che ricalca il piano presentato dagli americani in primavera, e ribadisce la sua linea: «Proseguire la guerra serve a liberare gli ostaggi». Allo stesso tempo aggiunge: «Ho dato ordine di aprire negoziati immediati per arrivare al rilascio di tutti i sequestrati e porre termine al conflitto a condizioni accettabili per Israele».

Nomina la fine delle battaglie, non specifica quali siano le condizioni. In passato ha chiesto la smilitarizzazione di Hamas, l’esilio per i suoi capi ancora vivi, il mantenimento del controllo sulla Striscia, dove i palestinesi uccisi sono quasi 63 mila. Calcoli interni all’esercito — scrive il quotidiano britannico Guardian — stimerebbero che a maggio l’83 per cento fossero civili, cifra smentita dai portavoce militari: «I dati citati non riflettono quelli in nostro possesso».

L’ufficio di Netanyahu precisa subito che «in questo momento non è prevista alcuna delegazione israeliana al Cairo o a Doha», il premier sa quanto le parole «fine della guerra» sconvolgano gli alleati oltranzisti e messianici: pretendono l’occupazione permanente dei 363 chilometri quadrati, vogliono ricostruirci le colonie evacuate nel 2005. Proseguono con i progetti per ottenere l’annessione della Cisgiordania. «La decisione di costruire nell’area E1 è storica e rappresenta il primo passo verso la sovranità» nei territori palestinesi, proclama Shlomo Karhi, ministro delle Comunicazioni e deputato nel Likud di Netanyahu. Il via libera al nuovo insediamento — che taglia in due la Cisgiordania e di fatto rende impraticabile la creazione di uno Stato palestinese con contiguità territoriale — è condannata da 21 Paesi tra cui l’Italia: «Inaccettabile, viola la legalità internazionale». L’Onu avverte che rappresenta «una minaccia esistenziale alla soluzione dei due Stati».

22 agosto 2025

22 agosto 2025

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