
Le prime opere di Arnaldo Pomodoro furono altorilievi di segni simbolici che alludevano ad alfabeti di civiltà perdute o immaginarie. Ma dal 1963, quando realizzò Sfera n.1 — opera in bronzo di trecento chili esposta alle Biennali di San Paolo, Venezia e al Moma — questi segni si trasferirono sulle superfici di grandi globi tagliuzzati come cretti, che divennero la cifra stilistica della sua produzione in una lunga serie di varianti. Mentre i volti sezionati e scavati di Igor Mitoraj alludono alla drammaticità dell’esistenza e mentre le opere pubbliche di Carlo Ramous e Carlo Mo sono evocazione di specifici temi, le sfere, i cubi, i dischi, i cilindri, gli obelischi e le piramidi di Pomodoro, realizzati in bronzo, stagno, piombo o cemento dall’esterno levigato e con l’interno tagliuzzato e disordinato sono diventate una metafora plastica della conflittualità contemporanea.
A metà strada tra arte e architettura ambientale, queste opere hanno trovato perfetta disposizione al centro delle piazze divenendo steli per la costruzione dell’identità contemporanea. Le più celebri sono posizionate davanti al ministero degli Esteri a Roma e al Palazzo di Vetro dell’Onu a New York, ma ammiccano ai passanti — che le riconoscono — a Roma, Milano, Copenaghen, Brisbane, Parigi, Los Angeles, Darmstadt… sempre in dialogo con gli spazi urbani. Tra le più iconiche ci sono il Disco Solare (1991) donato alla Russia post-sovietica, Papyrus (1992) in Germania, il portale del Duomo di Cefalù (1998), ma anche la Sala d’Armi del Museo Poldi Pezzoli a Milano e gli arredi sacri della chiesa di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, realizzati in collaborazione con Renzo Piano.
Ora le sue opere vanno confrontate con quelle della grande arte ambientale, dalle enormi superfici disorientanti di Richard Serra, agli inquietanti ragni di Louise Bourgeois sino agli ironici allestimenti di Claes Oldenburg, che sono il contrario delle steli «vanitas vanitatum» dello scultore romagnolo. Il quale, in un certo senso, è riconosciuto proprio per una fin troppo fissa ripetitività, specie con le sculture a sfera per le banche. Ma Pomodoro è stato anche un visionario scenografo di tragedie greche, opere liriche e drammi contemporanei: ha lavorato per la Semiramide di Rossini all’Opera di Roma nel 1982 e sui ruderi di Gibellina dal 1983 al 1985 per l’Orestea di Emilio Isgrò tratta da Eschilo.
23 giugno 2025 (modifica il 23 giugno 2025 | 19:35)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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