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Applausi, cori e bandiere: Lega assediata dai «Fratelli» all’evento di chiusura della campagna elettorale

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La platea del Gran teatro Geox rimanda plasticamente l’immagine dello scenario che l’ala destra della coalizione vagheggia in cuor suo a partire da lunedì prossimo: una marea di bandiere agitate dalla curva meloniana che mettono in minoranza i vessilli leghisti con Alberto da Giussano e il Leone di San Marco (questi ultimi appena un paio, segno dei tempi). Stasera a Padova c’è Giorgia Meloni per l’arringa finale e la differenza si vede a colpo d’occhio.

Un piccolo saggio: Giulia ha 16 anni, va al liceo e ha voluto assolutamente esserci a questo comizio, accompagnata dal padre e della sorella maggiorenne: «Sono qui per Giorgia». Scusaci – le fanno notare – ma se domenica nemmeno potrai andare a votare… «Lo so ma mi sto preparando per quando succederà. Intanto voglio vedere e sentire Giorgia». Piccole Sorelle crescono, anche nella terra che un tempo chiamarono Zaiastan. Ma, per i nati nei Duemila inoltrati, persino il governatore uscente comincia a essere un uomo del mondo vecchio. Che, quando si presenta al microfono, viene accolto da un applauso come sempre fragoroso: ma le bandiere meloniane rimangono quasi tutte abbassate, lasciando campo al quadrante leghista della platea. Qualcuno dei suoi si scalda quando cita il pre-accordo appena firmato a Venezia sull’autonomia ma non dalle parti della curva dei Fratelli. Persino un navigatore di lungo corso come Maurizio Lupi (Noi Moderati), in maglioncino blu fuori ordinanza, chiamerà più tardi l’uditorio a un «ringraziamento più forte e caloroso per i risultati conseguiti in 15 anni di governo da Luca Zaia».

Stefani sul palco

La scena si ripete quando si presenta sul podio il candidato presidente leghista Alberto Stefani, che di anni ne ha soltanto 33, sfoggia un ciuffo imponente che soltanto lui, su questo palco, si può permettere, e si muove a suo agio al confine tra i Millennial e la Gen Z: qualche lealista meloniano sventola la bandiera per lui ma il gruppone dei Fratelli si limita a un composto battimani. Stefani, del resto, predilige il low profile e i temi concreti del suo programma: vuole rivolgersi alla testa della platea e non cerca l’applauso a tutti i costi. Anche quando parla, a proposito dei suoi coetanei, di «Generazione Veneto», con citazione inaspettata delle parole di San Carlo Acutis sui giovani di quest’epoca.

L’intervento di Salvini

Quando tocca al segretario federale e vicepresidente del Consiglio, Matteo Salvini, c’è chi osa dal pubblico uno stentoreo «Vai Matteo» di incoraggiamento. Seguito da gesti apotropaici quando Salvini dirà in esordio di discorso che l’obiettivo, in Veneto, «non è vincere ma stra-vin-ce-re». Boato per lui da tutti gli angoli della coalizione quando, parlando di sicurezza, si lancia in un’orgogliosa rivendicazione della legge sul diritto alla legittima difesa contro chi delinque. L’obiettivo rimane «zero clandestini, zero moschee e fora dae bae», poiché l’utilizzo del dialetto veneto rinforza e abbellisce il concetto.

Coraggiose e con una chiarissima vocazione alla minoranza interna, svettano nel settore sinistro anche alcune bandiere di Forza Italia, la «terza gamba» della coalizione. Per loro c’è il vicepremier Antonio Tajani, che confessa subito «una grande ammirazione per i veneti» (applausino, a dire la verità). Di più la platea apprezza quando dirà, con uno sconfinamento nel privato, che «devo alla sanità veneta se mia figlia è guarita da una malattia piuttosto grave». E ancora di più quando accuserà il leader Cgil, Landini (a cui va il record di serata per le citazioni «contro») di fare «la quinta colonna dell’opposizione anziché gli interessi dei lavoratori».

Meloni: «Nessuno mette i piedi in testa all’Italia»

Alle 19 e 48, finalmente, tocca a lei. Si alza una selva di bandiere, la curva ritma «Gior-gia, Gior-gia», sono venuti con i pullman da mezzo Veneto e si capisce che sono venuti soprattutto per la prima presidente donna del Consiglio al governo della nazione, Giorgia Meloni. I sensori dell’applausometro registrano: scossa di media intensità quando dice «consentitemi un ringraziamento particolare al mio partito, Fratelli d’Italia»; onda sussultoria non appena scandisce «non consentiamo a nessuno di mettere i piedi in testa all’Italia»; livello tsunami per l’affondo contro la sinistra tasse&scioperi: «Andate a votare e lasciateli all’opposizione». Sipario, domenica e lunedì si vota sul serio.


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19 novembre 2025

19 novembre 2025

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