La guerra dei dazi imposta dall’inquilino della Casa Bianca Donald Trump incide sulle prospettive di stabilità finanziaria dei singoli Stati, una variabile-chiave monitorata dalle agenzie di rating. Moody’s ha rivisto da stabile a negativo l’outlook (prospettive) sui rating sovrani globali per effetto dell’incertezza sulla politica commerciale e per i danni potenziali al commercio globale. Contemporaneamente la forte escalation bellica
in Medio Oriente conferma che «i rischi geopolitici continueranno
a influenzare le condizioni del credito sovrano, con la possibilità di
volatilità e improvvise turbolenze». Di conseguenza l’agenzia ha ridotto le stime di crescita economica nel 2025 «per tutte le regioni». In questo contesto l’Europa Occidentale, dove le stime di aumento del Pil sono state tagliate dello 0,3% – passando dall’1,3% all’1%- emerge come una delle aree «meno vulnerabili alle incertezze sul commercio». Va peggio per il paese che è l’epicentro di questa crisi neoprotezionistica, gli Stati Uniti. Qui le previsioni di crescita vengono dimezzate, e per tutto il Nord America le stime di aumento del Pil scendono dal 2 all’1%.
Le altre aree del mondo
Moody’s ha tagliato dello 0,4%, portandole al 3,5%, le stime di crescita sia dell’area Asia-Pacifico (Apac) che del Medio Oriente e del Nord Africa
(Mena), dello 0,2%, portandole al 2,7%: la sforbiciata colpisce anche i Paesi dell’Europa centrale e orientale (Cee) e della Russia e degli altri Paesi del Cis con un taglio dello 0,3%, con una crescita ridotta al 2%.
I rischi di un rallentamento prolungato
«Sebbene le nostre previsioni per il 2025 presupponessero in
precedenza una graduale normalizzazione macroeconomica e una
svolta verso riforme a lungo termine, l’incertezza politica
distoglierà l’attenzione verso misure di sostegno a breve
termine. Questo – rileva Moody’s – rallenterà il consolidamento
fiscale e limiterà gli investimenti a sostegno della produttività» mentre «negoziati commerciali bloccati o prolungati e il rischio di un disaccoppiamento strutturale stanno causando un riallineamento delle catene di approvvigionamento e ridefinendo le relazioni commerciali a
lungo termine». Il rischio di cambiamenti che potrebbero essere
epocali è di «un rallentamento più moderato ma più prolungato»
di quello provocato dalla pandemia, che era stata seguita invece
da una fortissima ripresa.
Colpita duramente la Germania, ma nel 2026 ripresa più solida
Secondo Moody’s «i Paesi con una più grande esposizione commerciale
agli Usa, una diversificazione economica limitata e margini di manovra finanziari domestici limitati sono più vulnerabili». Per quanto riguarda l’Europa nazioni esportatrici come la Germania «devono affrontare i rischi derivanti da specifici settori come quello dei componenti automobilistici, dell’elettronica e dei semiconduttori, nonché potenziali interruzioni della catena di approvvigionamento». Le stime di crescita sono state quindi ridotte tra lo 0,5% e l’1% nelle economie orientate all’export come la Germania, la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Slovacchia. Tuttavia, le previsioni per il 2026 per la Germania sono state aumentate,
riflettendo le aspettative di una ripresa più solida.
2 luglio 2025 ( modifica il 2 luglio 2025 | 16:41)
© RIPRODUZIONE RISERVATA