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Al Museo Lia di La Spezia la Wunderkammer dei misteri ospita calici alchemici e bestiari

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Misteri alchemici, manufatti, immaginari esotici e animaleschi, suppellettili dal gusto esoterico. Fino al 26 ottobre, il Museo civico Amedeo Lia di La Spezia ospita la mostra Naturale meraviglia. Tesori e opere d’arte dalle corti dei principi, a cura di Andrea Marmori, una selezione di mirabilia della Collezione Lia, in dialogo con opere provenienti da collezioni pubbliche e private. Oggetti stravaganti, pietre preziose, raccolte scientifiche che popolavano le Wunderkammer, cioè le «stanze delle meraviglie».

Al Museo civico di arte antica, medievale e moderna di La Spezia sarà possibile ammirare, per esempio, un calice prodotto a Norimberga nel XVII secolo, con la coppa in uovo di struzzo, che raffigura il giudizio di Salomone, e un piede in argento che ritrae un bestiario immaginario con volpi, pavoni e lucertole. In mostra ci sarà anche una Testa di Polifemo con dente di narvalo: una scultura in terracotta, di Jacques Canonici, rappresenta il ciclope accecato da Ulisse con un dente di narvalo lungo più di due metri (in passato si credeva fosse la protuberanza dell’unicorno, con poteri afrodisiaci e antidoto ai veleni). In mostra, anche una suppellettile in cristallo di rocca, a cui venivano attribuite capacità ipnotiche e divinatorie: si tratta di un vaso a navicella con oro e smalti perla, seconda metà del XVI secolo.

La collaborazione con il Museo civico etnografico Giovanni Podenzana di La Spezia, grazie alla sezione tassidermica storica, propone un campionario animale (soprattutto ornitologico) e vegetale, con erbari sette-ottocenteschi inediti, e in corso di restauro con l’Orto botanico di Pisa.

«La parola tedesca Wunderkammer indica un particolare genere di raccolta — spiega più nel dettaglio il curatore Marmori — affermatosi nelle corti e nelle residenze principesche a partire dal XVI secolo, con una concentrazione specifica nel centro Europa, da cui il nome in lingua tedesca. Era all’interno di queste stanze ermetiche ed esclusive che il collezionista adunava tutto quanto fosse rarità e portento, mirabilia, esibendo materiali che la natura stessa è in grado di fornire — naturalia — la cui raccolta era motivata tanto per via di una fascinazione intrinseca che per eccezionalità di forma o dimensione, insieme ad altri manufatti — artificialia —, di perentoria originalità e unicità, la cui realizzazione comportava competenze complicate, di segreta pratica».

Il Museo Lia è un’istituzione recente, che prende vita trent’anni fa: è il 6 giugno 1995 quando il già ufficiale di Marina, ingegnere e industriale Amedeo Lia dona la sua raccolta d’arte alla città di adozione. Nato in Puglia nel 1913 (e scomparso nel 2012), dal dopoguerra Lia inizia a raccogliere un’importante collezione, ampliata dagli anni Sessanta. Incoraggiato dall’architetto Andrea Busiri Vici (1903-1989) che aveva disegnato la sua casa, inizialmente acquista dipinti (fin da subito i Primitivi italiani, cuore della raccolta) e arredi. Poi arrivano sculture, avori, smalti, oreficerie e bronzi; i ritratti rinascimentali e i busti, tutto conservato nella sua abitazione, frequentata da storici dell’arte come Mina Gregori, Filippo Todini, Cristina De Benedictis, Charles Avery, Miklos Boskovits. Ma il suo nume tutelare resta sempre l’amico Federico Zeri, storico e critico di base a Londra.

Raggiunta una certa qualità e quantità di opere, Lia decide di donare tutto al Comune in un museo che possa rappresentare uno «stimolo per una raccolta d’arte sempre più prestigiosa e un luogo d’incontro per una vita culturale sempre più intensa», scrive nell’atto di donazione.

La sede (inaugurata nel 1996) è l’ex convento di San Francesco di Paola, nella centrale via del Prione, che accoglie circa millecento opere. Negli anni la raccolta è stata poi implementata da Lia con altre opere, come l’Autoritratto di Jacopo da Pontormo (1494-1557; simbolo e «volto» del museo) e un acquerello di William Turner (1775-1851).

La donazione è oggi organizzata in tredici sale e tre livelli. Comprende: dipinti dal XIII al XVIII secolo; le miniature dal XIII al XVI secolo; una pregiata sezione di avori e smalti; i cristalli di rocca. Tra i dipinti, opere del Maestro della Maddalena, la bottega di Giotto e quella di Duccio (Due-Trecento); un piccolo dipinto forse riconducibile a Raffaello, ma anche Tintoretto, Giovanni e Gentile Bellini, Tiziano (Cinquecento); e per il Sei e Settecento, tra i vari: Canaletto o gli scenari cari ai viaggiatori del Grand Tour.

La mostra è un’occasione per conoscere un «giovane» museo e per scoprire le meraviglie delle Wunderkammer e «il mistero alchemico del mondo mantenuto segreto per essere poi svelato a pochi fortunati iniziati».

23 giugno 2025 (modifica il 23 giugno 2025 | 20:38)

23 giugno 2025 (modifica il 23 giugno 2025 | 20:38)

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