Toccheranno i 65,8 milioni gli arrivi dei turisti in Italia nell’estate appena iniziata. Le previsioni di Demoskopika confermano che il turismo è uno dei settori più in salute del Paese, con quel 10,4% di contributo al Pil tricolore nel 2024 pari a 104,5 miliardi di euro.
Per Matteo Sarzana, da pochi mesi alla guida per l’Italia e il Sud Europa di Airbnb, la piattaforma globale degli alloggi brevi, significa prepararsi a gestire un grande traffico di prenotazioni e richieste. Sarzana è a San Francisco, sede della casa madre, per la settimana così detta «in person» in cui i manager di Airbnb da tutto il mondo si confrontano con i vertici della big tech quotata al Nasdaq, dove capitalizza oltre 81 miliardi di dollari.
Come sarà l’estate per Airbnb in Italia, dove sono presenti (dati Jfc) più di 608 mila annunci?
«Il mondo sta vivendo una situazione di incertezza, i mercati sono volatili, tuttavia quello del turismo resta un momento positivo. E lo è ancora di più per noi, perché la piattaforma sa adattarsi alle esigenze più diverse, in termini di alloggi disponibili, prezzi e politiche di cancellazione. Con la “summer release” dello scorso mese abbiamo poi aggiunto i servizi e le esperienze. C’è molta richiesta da parte degli utenti e, allo stesso tempo, vediamo che già il 20% degli host sono anche host di esperienze. È la strada giusta».
Come ha scritto agli azionisti il ceo Brian Chesky nella presentazione dei risultati del primo trimestre 2025: «Il nostro modello è intrinsecamente adattabile. Lo abbiamo dimostrato più e più volte, dalla fondazione durante la Grande Recessione alla quotazione in borsa durante la pandemia. Mentre il mondo cambia, continueremo ad adattarci». In Italia in cosa consiste questo adattamento?
«L’Italia resta una delle mete più ambite a livello internazionale. Nel nostro Paese, 4 ospiti di Airbnb su 5 sono stranieri: nella top five ci sono arrivi da Usa, Francia, Germania, Regno Unito e Canada. Più del 50% di queste persone soggiornano fuori dalle grandi città, è una tendenza che stiamo vedendo crescere, a vantaggio di regioni spesso ignorate dai flussi turistici principali. Un esempio su tutti: il Molise nel biennio 2022-204 ha visto una crescita degli arrivi con Airbnb dell’84 per cento».
Come spiega il successo di questo modello?
«È un trend di consumo del turismo a livello generale e Airbnb è in grado di incontrare molto bene questa domanda, per la capillarità sul territorio e per le garanzie che offre. Il turismo consapevole è poi il principale target per i Millennials, i viaggiatori che più intercetta la piattaforma. Notiamo anche che si tratta di soggiorni più lunghi e che generano un indotto più ampio sul territorio. Sicuramente possiamo usare l’aggettivo lento per definire questo tipo di turismo».
Tutto l’opposto dell’overtourism. Il vostro studio sul fenomeno in Europa ha scatenato qui in Italia una polemica con Federalberghi…
«Il turismo va studiato come un fenomeno a tutto tondo, considerando sia chi porta i flussi turistici, con i numeri delle compagnie low cost o delle crociere, sia il tipo di turismo che entra nelle città. Riflettere sul fatto che il ticket di ingresso in luoghi come Venezia non scoraggia gli arrivi ma non crea nemmeno un ritorno positivo sulla comunità. Il dato reale è che l’80 per cento delle notti prenotate in Europa è ancora negli hotel che, per ovvi motivi, sono nei centri storici. Se blocchi gli affitti brevi stai intervenendo solo sul 20 per cento degli arrivi. La nostra non è concorrenza agli alberghi: aiutiamo a disperdere i turisti, in alcuni casi agiamo come una valvola di sfogo».
Eppure l’esigenza di normare gli affitti brevi continua a manifestarsi in molte città.
«A New York, dopo che sono stati vietati, i prezzi degli hotel sono cresciuti così come il mercato nero degli annunci, ma i flussi non sono diminuiti. Come piattaforma siamo a favore di una normativa basata sui dati e in Italia siamo stati tra i promotori del Cin. Oggi tutti gli annunci sono registrati e l’evasione è diventata zero. E si sono persi solo il 15 per cento degli annunci. I sindaci vorrebbero governare il mercato degli affitti brevi in autonomia ma noi crediamo che le decisioni vadano prese attraverso una legge quadro che tuteli sia i centri storici che la piccola proprietà privata, perché bisogna distinguere anche tra host professionisti e saltuari».
Lo scorso marzo lei è passato da Deliveroo a Airbnb: quali affinità tra le due piattaforme?
«Sono due aziende in grado di creare un impatto positivo a livello locale e che fanno leva su due eccellenze italiane, il cibo e il turismo. Sono brand globali che operano con business locali: questo è il loro valore aggiunto. In Airbnb c’è davvero molta attenzione e dialogo sui business locali. Il nostro ceo Brian ha appena concluso un tour nelle città più importanti proprio per capire le necessità delle singole realtà».
Secondo alcuni la sharing economy è al tramonto.
«Noi rispondiamo con gli oltre otto milioni di annunci presenti oggi su Airbnb di cui più della metà sono core host, host non professionisti che aprono le loro case anche per il valore e l’esperienza dell’ospitalità e della condivisione».
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30 giugno 2025
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