Con il prezzo del petrolio in calo netto le compagnie aeree europee stanno negoziando l’acquisto a cifre convenienti di importanti quantità di cherosene da utilizzare nei prossimi mesi e anni. Ma c’è poco da esultare: questo non porterà a tariffe più basse per tutti i passeggeri. Diversi vettori si terranno il margine di guadagno, un po’ per tutelarsi dalle incertezze attuali, un po’ per fare più utili. È quanto apprende il Corriere da tre dirigenti di altrettante aviolinee a conoscenza dei piani di investimento approvati dai ceo e dai direttori finanziari.
L’impatto sui costi
Il carburante è una delle voci di spesa più significative per le compagnie europee: Ryanair, per esempio, sborsa oltre 5,2 miliardi di euro all’anno. L’acquisto di cherosene rappresenta tra il 25 e il 40% della spesa totale sostenuta in un anno, collocandosi così al primo o al secondo posto (dopo la spesa per il personale). Con la dialettica sindacale che sta portando a rinegoziare contratti di lavoro sempre più onerosi — anche a colpi di scioperi —, i vettori cercano alternative per ridurre i costi. Una di queste, quando possibile, mira ai risparmi sul carburante.
Cos’è il «fuel hedging»
Una delle modalità più note — per chi può permetterselo — è il «fuel hedging». Si tratta di accordi che le aviolinee siglano con i fornitori e coi quali si pattuisce l’acquisto di una quantità di carburante a un determinato prezzo che resta bloccato per la durata dell’accordo, di solito 12-18 mesi. Bisogna poi sottolineare che il prezzo del barile di petrolio non è lo stesso di quello del jet fuel. Se il primo, nella settimana terminata l’11 aprile era di 65,39 dollari — secondo i dati Platts/Iata —, il cherosene per gli aerei era di 82,91 dollari.
I numeri
Nei suoi documenti depositati Ryanair, prima low cost d’Europa, sostiene di aver acquistato il 78% del cherosene di cui avrà bisogno nell’anno finanziario 2025 (1° aprile 2024-31 marzo 2025) a un prezzo di 790 dollari a tonnellata e il 76% a 770 dollari per i dodici mesi successivi. EasyJet ha negoziato l’82% della quantità richiesta nel semestre ottobre 2024-marzo 2025 a 807 dollari a tonnellata e il 64% a 770 dollari nel sei mesi successivi.
La protezione dalle impennate
Perché le compagnie europee (e asiatiche) fanno «fuel hedging»? Perché in questo modo si tutelano per buona parte dall’impennata improvvisa del prezzo del petrolio — causata da crisi geopolitiche o altri fattori —, tenendo così a bada i costi. Ad aprile 2020, con i lockdown imposti per contenere la diffusione del coronavirus e lo stop agli spostamenti, il barile di petrolio ha toccato i 13-14 dollari (dai 68-70 del 2019). E così, anche per ridurre le spese, la low cost Wizz Air decise di abbandonare il «fuel hedging». Ma quando nel febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina il barile è schizzato a 133 dollari e nel trimestre aprile-giugno di quell’anno la mancata «copertura» è costata a Wizz Air almeno 400 milioni di euro.
I benefici possibili
Ora, con una curva dei prezzi del petrolio che resta sui livelli di cinque anni fa, i vettori sfruttano l’occasione, temendo nuove impennate. «Il costo del barile viaggia a 62-64 dollari, sono prezzi davvero interessanti e per questo stiamo acquistando significative quote da utilizzare in futuro», conferma al Corriere al telefono Michael O’Leary, amministratore delegato del gruppo Ryanair. «Per l’anno finanziario 2026 abbiamo bloccato il 14% a 70 dollari al barile», con un risparmio stimato di 80-100 milioni di dollari soltanto per quel 14%. Se si estendesse all’80% il risparmio sarebbe di mezzo miliardo.
Le incertezze economiche
Benefici economici che, promette il ceo O’Leary, «passeremo anche sulle tariffe proposte ai consumatori che prenoteranno con noi». Ma altri dirigenti di vettori europei dietro le quinte anticipano che i viaggiatori non avranno agevolazioni. «Con tutte le incognite di questo periodo, a partire dalle tensioni commerciali globali, e le tasse ambientali imposte dalla Ue forse è il caso di rafforzare la cassa». Traduzione: inutile sperare di pagare di meno. Anzi: è già tanto se non si spenderà di più.
lberberi@corriere.it
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19 aprile 2025
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