
La scienza politica italiana ha perso uno dei suoi più autorevoli padri nobili: Leonardo Morlino, professore emerito della Università Luiss di Roma. Nella sua lunga carriera, iniziata alla Scuola di Scienze politiche «Cesare Alfieri» di Firenze, Morlino si è affermato come studioso di fama internazionale, in particolare nel campo dell’analisi comparata delle democrazie. Instancabile costruttore di istituzioni, ha dato un contributo fondamentale al consolidamento della scienza politica nell’università e nello spazio pubblico italiani. Negli anni Ottanta, promosse il primo corso di dottorato in questa disciplina, diventando un importante punto di riferimento per tanti giovani ricercatori interessati allo studio empirico dei sistemi politici.
Dopo la laurea a Napoli, il giovane Morlino fu reclutato da Giovanni Sartori presso il Centro di Politica comparata del Cesare Alfieri e subito coinvolto nel lancio della «Rivista Italiana di Scienza Politica» (1971), di cui divenne co-direttore quando Sartori si trasferì a Stanford, nel 1977. La «Risp» è diventata nel tempo la casa comune di tutti i politologi italiani, affermandosi anche sul piano internazionale (oggi è pubblicata in inglese da Cambridge University Press).
La collaborazione con Sartori indirizzò Morlino verso lo studio dei processi di transizione dall’autoritarismo alla democrazia. Il contributo di Morlino è andato ben al di là della ricostruzione empirica. A lui si deve un articolato schema analitico che individua due fasi distinte delle transizioni (instaurazione e consolidamento), ciascuna caratterizzata da dinamiche proprie. Riflettendo soprattutto intorno all’esperienza sud europea, Morlino sviluppò una importante teoria sull’«ancoramento democratico» (Democracy between consolidation and crisis, 1998 e Changes for Democracy, 2011). Quali fattori rendono possibile il radicamento della democrazia nei Paesi in cui sono presenti forze anti-sistema? Secondo Morlino servono àncore capaci di collegare in modo stabile le nuove istituzioni e la società civile. In Italia, dopo la sconfitta del fascismo, furono soprattutto i partiti a gettare le àncore; nella Spagna post-franchista fu la concertazione fra governo e parti sociali; in Portogallo furono gli apparati dello Stato. Allargando il raggio di osservazione, altri fattori si sono rivelati importanti: la diffusione di pratiche clientelari (America Latina) , le modalità di leadership e il sistema dei media (Europa centro-orientale). Osservando i processi di ancoramento è possibile anche identificare i sintomi di instabilità emergente. La prospettiva di Morlino fornisce spunti ancora attualissimi per comprendere la cosiddetta «recessione democratica», oggi in corso a livello globale.
Il secondo importante filone di ricerca è stato quello della qualità della democrazia (Assessing the Quality of Democracy, 2005). Che cosa rende un regime democratico migliore di un altro? Attingendo alla teoria normativa, Morlino ha individuato le principali dimensioni per valutare la qualità: libertà, Stato di diritto, eguaglianza, partecipazione, capacità di rispondere alle aspettative dei cittadini e di dar loro conto delle scelte compiute, garanzie per una corretta competizione politica. Non si tratta solo di un «inventario» di elementi: le dimensioni sono infatti interdipendenti e le democrazie di buona qualità sono quelle che riescono a mantenere un punteggio elevato su ciascuna di esse, creando così un circolo virtuoso.
Morlino era uno studioso curioso, aperto, sempre pronto a discutere, a sollevare domande, a imboccare nuove vie di riflessione. Ne ricordo due, che speravamo di esplorare insieme. Primo, l’importanza di stabilire e tutelare criteri di verità nella sfera pubblica, per contrastare il degrado della comunicazione politica. Secondo, il recupero della nozione di «responsabilità» delle élite di governo: una dimensione diversa dalla ricettività o sensibilità alle richieste degli elettori. Chi governa ha il dovere di salvaguardare la funzionalità dell’intero, le basi della comunità politica. Consideriamo le nuove sfide che deve oggi affrontare l’Unione europea. In un sistema politico con ancoramento debole — pensava Morlino — è indispensabile la presenza di leader «responsabili». Altrimenti la qualità delle politiche inevitabilmente si erode e, peggio ancora, l’intero rischia di frantumarsi. Un pensiero che, come sempre, coglieva nel segno, e che mi dispiace non aver potuto sviluppare insieme a lui. Morlino aveva una straordinaria capacità di connettere riflessione teorica e osservazione empirica: il tratto forse più distintivo dei grandi scienziati sociali
18 giugno 2025 (modifica il 18 giugno 2025 | 21:57)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
18 giugno 2025 (modifica il 18 giugno 2025 | 21:57)
© RIPRODUZIONE RISERVATA